Parigi, 9 novembre 2022. Emma, Paul e Nina: una famiglia felice, fino a quella sera. Per festeggiare l'ottavo compleanno della bambina i genitori la portano al luna park. Solita ressa, soliti rumori, spintoni e risate. Dopo tre colpi al tirassegno la madre si gira e comincia l'incubo: Nina è scomparsa. Gli agenti accorsi raccomandano tranquillità e fanno partire le ricerche che si concludono felicemente alle prime luci del mattino quando la piccola viene ritrovata nei bagni chimici di un cantiere. Racconta di aver inseguito un gattino perdendosi nel bosco senza più riuscire a trovare il piazzale del luna park, riparandosi poi nel primo posto dotato di una porta da chiudere che aveva trovato. Ma quello che avrebbe dovuto risolversi come un grande spavento da archiviare per sempre segna invece la fine di tutto perché Emma guardando la bambina ha una sola certezza: quella non è Nina, ma un'impostora che finge di essere sua figlia.
Terzo romanzo pubblicato nel 2023 da Stéphanie Kalfon, autrice parigina classe 1979, il primo (e per ora unico) a essere stato tradotto in italiano.
Romanzo breve, 198 pagine divise in tanti capitoli brevissimi (non numerati), cosa che normalmente mi velocizza la lettura, ma non questa volta, è una storia cupa e malsana, difficile da reggere per più di una ventina di pagine al giorno.
Drammatico più che thriller, ha uno stile di scrittura che può piacere, ma non a me, pieno (in particolare nella prima metà) di quelle frasi a effetto che trovo sempre irritanti, soprattutto quando se ne abusa come ha fatto la Kalfon ("Impossibile appallottolare quella serata di spavento come un fazzoletto usato", "Mi accartoccio come la carta di un regalo", "Pazienza se la malinconia diventa un'amica provvisoria e prende in parte il posto di mia figlia", "Giro fra le corsie (del supermercato) che messe una dopo l'altra formano chilometri di solitudini").
Altra scelta che non ho apprezzato è stata quella di fare di Emma la voce narrante, cosa che rende solo immaginabile la situazione angosciante in cui viene a trovarsi la bambina, non riconosciuta e quindi respinta dalla madre. Un narratore esterno avrebbe reso il romanzo molto più ricco e completo. Per contro la Kalfon riesce a far entrare il lettore nella mente di questa donna tormentata, accrescendo l'angoscia man mano che si scoprono fattori del suo passato e del suo presente. Impossibile entrare nel dettaglio, ogni particolare sarebbe uno spoiler clamoroso.
L'ultima frase del penultimo capitolo sarebbe stata un finale perfetto, invece ce n'è ancora uno, evitabilissimo: sei pagine (è uno dei capitoli più lunghi) che non aggiungono nulla alla storia, ma che sono solo un altro inutile esercizio di stile dell'autrice.
Molto bello l'oggetto libro: copertina flessibile, ma robusta, leggermente zigrinata, piacevole al tatto, buona carta e splendido font! Un plauso alle Edizioni Clichy.
Malato
Terzo romanzo pubblicato nel 2023 da Stéphanie Kalfon, autrice parigina classe 1979, il primo (e per ora unico) a essere stato tradotto in italiano.
Romanzo breve, 198 pagine divise in tanti capitoli brevissimi (non numerati), cosa che normalmente mi velocizza la lettura, ma non questa volta, è una storia cupa e malsana, difficile da reggere per più di una ventina di pagine al giorno.
Drammatico più che thriller, ha uno stile di scrittura che può piacere, ma non a me, pieno (in particolare nella prima metà) di quelle frasi a effetto che trovo sempre irritanti, soprattutto quando se ne abusa come ha fatto la Kalfon ("Impossibile appallottolare quella serata di spavento come un fazzoletto usato", "Mi accartoccio come la carta di un regalo", "Pazienza se la malinconia diventa un'amica provvisoria e prende in parte il posto di mia figlia", "Giro fra le corsie (del supermercato) che messe una dopo l'altra formano chilometri di solitudini").
Altra scelta che non ho apprezzato è stata quella di fare di Emma la voce narrante, cosa che rende solo immaginabile la situazione angosciante in cui viene a trovarsi la bambina, non riconosciuta e quindi respinta dalla madre. Un narratore esterno avrebbe reso il romanzo molto più ricco e completo. Per contro la Kalfon riesce a far entrare il lettore nella mente di questa donna tormentata, accrescendo l'angoscia man mano che si scoprono fattori del suo passato e del suo presente. Impossibile entrare nel dettaglio, ogni particolare sarebbe uno spoiler clamoroso.
L'ultima frase del penultimo capitolo sarebbe stata un finale perfetto, invece ce n'è ancora uno, evitabilissimo: sei pagine (è uno dei capitoli più lunghi) che non aggiungono nulla alla storia, ma che sono solo un altro inutile esercizio di stile dell'autrice.
Molto bello l'oggetto libro: copertina flessibile, ma robusta, leggermente zigrinata, piacevole al tatto, buona carta e splendido font! Un plauso alle Edizioni Clichy.
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