venerdì 16 maggio 2025

"McGlue", Ottessa Moshfegh

 

Zanzibar, 1851. McGlue riprende i sensi a stento, ha una brutta ferita alla testa ed è ancora ubriaco dopo gli eccessi della notte appena trascorsa. Capisce di essere chiuso nella stiva di un vascello che sta salpando. Ha la camicia sporca di sangue, ma non è il suo, non è ferito. Arriva il capitano Saunders, gli dice che ha ucciso Johnson. L'ufficiale Pratt rincara la dose, ha visto il corpo riverso fuori da un pub del porto, lo ha pugnalato al cuore.
McGlue non ricorda nulla e non ci crede, è sicuro che il suo migliore amico sia ancora vivo, chiede di vederlo. Ma l'unica risposta che ottiene è che lo stanno portando a Salem per processarlo.

Alcolizzato

Romanzo breve scritto nel 2014, è
 il primo lavoro pubblicato dalla Moshfegh, anche se da noi la traduzione è arrivata soltanto a marzo dell'anno scorso e la si poteva anche evitare.

Una trama scarna e non lineare, stancante da seguire, angosciosa e ambigua che disorienta, non è un libro che chiama. Se l'ho letto in due giorni (certo 144 pagine non sono molte, ma lo sono per me che sono lenta e che quotidianamente alterno la lettura di tre libri) è stato solo per un bisogno quasi fisico di finirlo.

Sono passati tre anni da quando avevo letto (e apprezzato)
 "Eileen", ero timorosa nel tornare sull'autrice per il concentrato di depressione che caratterizza quella storia, ma "McGlue" - un derelitto che se non sogna di farsi un goccetto è perché sta vomitando - me l'ha fatta rimpiangere, soprattutto a causa di una narrazione grottesca (in linea con il protagonista) che mi ha sfinita senza darmi nessuna soddisfazione.

Reading Challenge 2025, traccia annuale Province italiane