Londra, primo trimestre di un anno non precisato. Gli orari di lavoro rendono abitudinari, i pendolari lo sanno bene: giorno dopo giorno si finisce per avere un vagone preferito, perché è quello che si ferma più vicino alle scale della stazione di arrivo. Poi si individua il lato migliore dove prendere posto. E si finisce per diventare pignoli anche riguardo al sedile.
Sono stata pendolare ferroviaria per due anni, dal luglio 1996 (quando io e Fabio abbiamo comprato l'edicola) al giugno 1998 (quando ci siamo sposati e mi sono quindi trasferita nello stesso palazzo del negozio), un tragitto che facevo quattro volte al giorno e, nonostante fosse breve, soltanto dieci minuti a corsa, mi aveva portata a sviluppare tutte le manie descritte nel libro.
Iona Iverson, 57 anni, parte ogni mattina dal capolinea di Hampton Court diretta a London Waterloo sedendosi in direzione di marcia sul sedile a destra della fila sette nel terzo vagone. Un vagone che è il preferito di tante altre persone, come la ragazza rossa che ha soprannominato troppo carinissima, il ragazzo esotico sospettosamente simpatico e anche chic ma sessista, il tizio sempre in tiro e pieno di spocchia. Ed è proprio quando quest'ultimo rischia di soffocare con un'acino d'uva che Iona si ritrova a strillare "C'E' UN DOTTORE SUL TRENO?!" finendo col doversi accontentare di un infermiere, il sospettosamente simpatico Sanjay.
Clare Pooley dal 2018 ha pubblicato un romanzo ogni due anni, arrivando quindi a quota quattro, ma in italiano ne sono stati tradotti soltanto due, "Il taccuino delle cose non dette", che ho letto quattro anni fa, e questo, scritto nel 2022, che ho trovato più godibile, forse perché non troppo rosa.
L'autrice ha messo insieme un altro gruppetto mal assortito di persone, mischiando età, ceti ed etnie, creando intrecci alquanto improbabili nella vita reale, ma che nella fiction possono godere di tutta l'elasticità possibile finendo col funzionare a meraviglia.
I personaggi questa volta richiamano parecchio quelli di "Non buttiamoci giù", privati però del tipico cinismo ironico di Nick Hornby, mentre torna il desiderio di accontentare tutti predominante nell'altro romanzo della Pooley, che qui cade nella sagra delle frasi motivazionali, riuscendo però ad affrontare con intelligenza le varie tematiche che mette in gioco, discriminazioni sessuali, bullismo, malattie, insicurezze di vario genere.
La Pooley lo spiega bene e penso possa essere utile a chi non si rende conto di essere vittima della sottomissione indotta.
Mi è piaciuto anche come nelle note abbia spiegato come le sia venuta l'idea per questo libro, a chi o cosa si sia ispirata per personaggi e situazioni.
Di sicuro, però, non ha mai preso un treno in Italia!
Sono stata pendolare ferroviaria per due anni, dal luglio 1996 (quando io e Fabio abbiamo comprato l'edicola) al giugno 1998 (quando ci siamo sposati e mi sono quindi trasferita nello stesso palazzo del negozio), un tragitto che facevo quattro volte al giorno e, nonostante fosse breve, soltanto dieci minuti a corsa, mi aveva portata a sviluppare tutte le manie descritte nel libro.
Iona Iverson, 57 anni, parte ogni mattina dal capolinea di Hampton Court diretta a London Waterloo sedendosi in direzione di marcia sul sedile a destra della fila sette nel terzo vagone. Un vagone che è il preferito di tante altre persone, come la ragazza rossa che ha soprannominato troppo carinissima, il ragazzo esotico sospettosamente simpatico e anche chic ma sessista, il tizio sempre in tiro e pieno di spocchia. Ed è proprio quando quest'ultimo rischia di soffocare con un'acino d'uva che Iona si ritrova a strillare "C'E' UN DOTTORE SUL TRENO?!" finendo col doversi accontentare di un infermiere, il sospettosamente simpatico Sanjay.
Motivazionale
Clare Pooley dal 2018 ha pubblicato un romanzo ogni due anni, arrivando quindi a quota quattro, ma in italiano ne sono stati tradotti soltanto due, "Il taccuino delle cose non dette", che ho letto quattro anni fa, e questo, scritto nel 2022, che ho trovato più godibile, forse perché non troppo rosa.
L'autrice ha messo insieme un altro gruppetto mal assortito di persone, mischiando età, ceti ed etnie, creando intrecci alquanto improbabili nella vita reale, ma che nella fiction possono godere di tutta l'elasticità possibile finendo col funzionare a meraviglia.
I personaggi questa volta richiamano parecchio quelli di "Non buttiamoci giù", privati però del tipico cinismo ironico di Nick Hornby, mentre torna il desiderio di accontentare tutti predominante nell'altro romanzo della Pooley, che qui cade nella sagra delle frasi motivazionali, riuscendo però ad affrontare con intelligenza le varie tematiche che mette in gioco, discriminazioni sessuali, bullismo, malattie, insicurezze di vario genere.
La parte migliore è quella che riguarda Emmie: la Pooley descrive benissimo il rapporto tossico che ha con il suo fidanzato, il modo in cui certe persone riescono a prevaricare con atteggiamenti, pressioni e pretese che la parte debole può finire per non riconoscere come malate e inaccettabili.
“Come si fa a capire la differenza fra premura e controllo?”
La Pooley lo spiega bene e penso possa essere utile a chi non si rende conto di essere vittima della sottomissione indotta.
Mi è piaciuto anche come nelle note abbia spiegato come le sia venuta l'idea per questo libro, a chi o cosa si sia ispirata per personaggi e situazioni.
Di sicuro, però, non ha mai preso un treno in Italia!
"Nonostante ci fosse un’ottantina di persone assembrate in un contenitore di metallo relativamente piccolo, la carrozza era, come sempre, molto silenziosa, a parte il rumore delle ruote sui binari, i brusii che sfuggivano dalle cuffie di qualcuno e sporadici colpi di tosse."