Santa Clara (Cile), settembre 2020. Violeta del Valle è consapevole di non avere più molto futuro davanti ed è altrettanto riconoscente per il lungo passato che si lascia alle spalle. In pochi arrivano ai cent'anni e pochissimi di questi lo fanno mantenendo la lucidità necessaria per raccontare la propria vita a qualcuno.
E quello che fa Violeta, ricostruendo la sua intera esistenza in una lunga lettera per Camilo, il suo affetto più grande.
Una vita iniziata un venerdì sera di tempesta del 1920, quando il mondo contava le vittime della spagnola, fino ad arrivare a nuova, inattesa pandemia.
Una settimana dopo aver finito "Il vento conosce il mio nome" mi mancavano la scrittura precisa e sempre godibile della Allende, così come il turbinio dei suoi personaggi. Sono quindi tornata subito da lei e al romanzo che ha scritto prima di quello (nel 2022).
Anche "Violeta" mi è piaciuto, ma meno rispetto ad altri suoi titoli. La vita (troppo) lunga della protagonista porta all'inserimento di un'enorme quantità di eventi e di tematiche etiche e sociali e 368 pagine sono poche per dare il giusto spazio a tutto.
Due pandemie, crisi economiche, una guerra mondiale, la guerra fredda.
I rovesciamenti di Stato in Cile, in Argentina, a Cuba.
L'ingerenza degli Stati Uniti nell'America Centrale e Meridionale. Quella degli europei in Africa.
Ma anche terremoti e cambiamento climatico. Femminismo e suffragio universale. Patriarcato e preti pedofili. La mafia.
Un secolo di grandi cambiamenti, ma leggere solo una frase su alcuni di questi macro argomenti l'ho trovato troppo riduttivo.
Prevalgono le questioni familiari, i legami, gli amori e le intolleranze.
Violeta non mi è entrata nel cuore come le altre protagoniste della Allende e non per il realismo magico (del resto è nipote di Nívea - nonna materna - e di Clara - zia - de "La casa degli spiriti", non ci si può stupire per l'apparizione di qualche fantasma...), bensì perché è una borghese che per gran parte della vita trascura la politica per disinteresse e per convenienza.
E quello che fa Violeta, ricostruendo la sua intera esistenza in una lunga lettera per Camilo, il suo affetto più grande.
Una vita iniziata un venerdì sera di tempesta del 1920, quando il mondo contava le vittime della spagnola, fino ad arrivare a nuova, inattesa pandemia.
Suggestivo
Una settimana dopo aver finito "Il vento conosce il mio nome" mi mancavano la scrittura precisa e sempre godibile della Allende, così come il turbinio dei suoi personaggi. Sono quindi tornata subito da lei e al romanzo che ha scritto prima di quello (nel 2022).
Anche "Violeta" mi è piaciuto, ma meno rispetto ad altri suoi titoli. La vita (troppo) lunga della protagonista porta all'inserimento di un'enorme quantità di eventi e di tematiche etiche e sociali e 368 pagine sono poche per dare il giusto spazio a tutto.
Due pandemie, crisi economiche, una guerra mondiale, la guerra fredda.
I rovesciamenti di Stato in Cile, in Argentina, a Cuba.
"Per tre anni la propaganda dell’opposizione aveva pronosticato il terrore di una dittatura comunista; ora sperimentavamo il terrore di quella di destra.
Diminuì molto la criminalità. I crimini li commetteva lo Stato, ma si poteva girare per le strade e dormire tranquilli senza essere rapinati dai delinquenti comuni."
L'ingerenza degli Stati Uniti nell'America Centrale e Meridionale. Quella degli europei in Africa.
Ma anche terremoti e cambiamento climatico. Femminismo e suffragio universale. Patriarcato e preti pedofili. La mafia.
Un secolo di grandi cambiamenti, ma leggere solo una frase su alcuni di questi macro argomenti l'ho trovato troppo riduttivo.
Prevalgono le questioni familiari, i legami, gli amori e le intolleranze.
Violeta non mi è entrata nel cuore come le altre protagoniste della Allende e non per il realismo magico (del resto è nipote di Nívea - nonna materna - e di Clara - zia - de "La casa degli spiriti", non ci si può stupire per l'apparizione di qualche fantasma...), bensì perché è una borghese che per gran parte della vita trascura la politica per disinteresse e per convenienza.
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