Tipico manuale che si ripromette di poter migliorare la vita quotidiana di chi legge, questa volta insegnando non tanto ad essere ordinati, quanto a smettere di essere accumulatori seriali.
L'ho comprato spinta dalla curiosità e non certo dal bisogno.
Ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa: questa è una massima che sento totalmente mia, non devo fare alcuno sforzo per metterla in pratica e, secondo me, l'applicazione di questo criterio è molto più pratico e immediato rispetto alla lettura di questo testo che, made in Japan, va a toccare concetti zen lontani dalla nostra cultura.
Io ho la grande fortuna di non affezionarmi agli oggetti e la definisco "grande fortuna" perchè, da sempre circondata da persone molto, molto disordinate, ho potuto constatare fin da piccola come il disordine nasca dal possedere troppe cose.
Generalizzando, mi permetto di dire che un po' tutti compriamo più del necessario, a 360° oppure a settori (per me sicuramente make-up e cosmesi).
La differenza si genera a seconda di quello che facciamo del paio di scarpe irreparabilmente rotte, del maglione che non indossiamo più da anni, del ninnolo che non vorremmo più vedere in casa, ma che conserviamo perchè ci era stato regalato da un'amica, ecc, ecc...
L'autrice del manuale mi sembra molto zen quando dice che l'unico modo per capire se un oggetto vada conservato o meno sia quello di tenerlo in mano e sentire se ci trasmette ancora emozioni e, nel caso, quali.
E, per come sono fatta io, diventa ridicola affermando che se una cosa ha smesso di avere una funzione per noi dobbiamo separarcene salutandola e ringraziandola per l'aiuto che ci ha dato!
Oppure che bisogna salutare la propria casa quando si esce e quando si rientra...
Arrivati a quel punto possiamo solo sperare che qualcuno ci porti dritti dritti da un neurologo!
Se così dicendo offendo la filosofia di vita di qualcuno, mi spiace, ma per me sono tutte assurdità e, tornando all'accumulo di oggetti, non credo ci voglia molto a capire se una cosa ci serve e ci piace ancora, e quindi decidere se conservarla o buttarla, o regalarla o rivenderla senza tanti ripensamenti (o "senza pietà", come dico io)!
Sicuramente quando un oggetto è legato al ricordo di una persona cara la questione diventa molto personale. In una libreria di casa c'è Milù, il coniglio Trudy che mio nonno mi regalò al settimo compleanno e, vicino, un altro orsetto, più piccolo, bruttino, datato e senza nome, avuto anch'esso in regalo da lui: non solo non li butterei mai, ma li tengo anche in bella vista!
Dentro a un cassetto c'è il topino rosso che era il giocattolo preferito del mio amato gatto Picchio!
Ma sono eccezioni: di mia madre stessa ho conservato pochissime cose e sono cose che uso. Di certo non perchè non fossi legata a lei, non scherziamo, ma per me i ricordi sono un'altra cosa.
Con questo ho il massimo rispetto per chi si sente molto legato anche ai ricordi materiali delle persone amate e perse (dove non includo ex amori, ex amiche, ecc...).
Sempre nella sfera dei ricordi, non conservo cartoline nè biglietti vari, d'auguri, di aereo, di cinema, ecc... E' una cosa che posso capire giusto in chi è molto giovane o anziano, ma ognuno è fatto a modo suo.
Però se non si riesce a separarsi da ciò che è guasto, che non ci piace o che non ci serve più senza un perchè, oppure trovando dei perchè senza senso per "salvare" questi oggetti, credo esistano testi di psicologia molto più validi di questo manualetto!
Adesso ho passato il libro a un'amica che è il mio opposto in quanto a conservazione degli oggetti: mi ha promesso di leggerlo e sono molto curiosa di vedere quale idea se ne farà lei...