domenica 14 gennaio 2024

"La mia prediletta", Romy Hausmann

 

Monaco, gennaio 2004. Lena Beck, 23 anni, scompare alle prime luci dell'alba mentre sta rincasando dopo aver partecipato a una festa. Il commissario capo Gerd Brühling fa una promessa a Matthias Beck, padre della ragazza e suo migliore amico: "Riporterò a casa la tua Lena". Evidentemente Brühling non ha mai visto una puntata di CSI et similia: mai fare promesse di questo tipo se non sei certo di poterle mantenere ^^
Cham, settembre 2018. Sono trascorsi 4.825 giorni e finalmente Brühling può chiamare l'amico, che ormai ha smesso di considerarlo tale, proprio a causa di quella promessa delusa: quella notte vicino al confine ceco una donna è stata investita da un'auto. Non ha ancora ripreso conoscenza, ma età, colore dei capelli e cicatrice su una tempia corrispondono e la bambina che era con lei all'arrivo dell'ambulanza dice che la sua mamma si chiama Lena. Ma dice anche altre cose: che la mamma ha ucciso papà, che il suo fratellino è rimasto al capanno dove vivono per pulire il tappeto che si è sporcato di sangue, che il capanno si trova nel bosco e che nessuno li deve trovare.

Scritto nel 2019 e pubblicato in Italia nel 2020, titolo originale "Liebes Kind", "La mia prediletta" è l'opera prima di Romy Hausmann nata nel 1981 ad Arnstadt, in Turingia, il primo land dove andrei se riprendessi a trascorrere le ferie in Germania.

Nel 2020 il libro era stato un po' un tormentone, ogni volta che entravo in un social trovavo le foto di chi lo aveva comprato o di chi lo aveva già letto e lo recensiva, quasi sempre con soddisfazione. E di sicuro ha soddisfatto anche me, sorprendendomi perché troppe volte non ho gradito i thriller scritti da autori tedeschi.

Questo non è certo un capolavoro, ha il colossale difetto di non dare risposta a un punto che - pur non essendo rilevante nella risoluzione del giallo - è davvero importante in merito a ciò che racconta. Una mancata spiegazione irritante per chi ama la precisione e a cui sto girando attorno per evitare lo spoiler.

Tolto questo è un buon thriller psicologico che, alternando le voci in prima persona di tre diversi narratori (tutti estremamente inaffidabili), riesce a mantenere dall'inizio alla fine un ritmo incalzante, anche in alcune parti che per quello che raccontano potrebbero essere ripetitive, ma che la Hausmann riesce a rendere sufficientemente adrenaliniche.

Il finale non mi ha fatta impazzire, forse penalizzato dal numero limitato di personaggi: arrivare in fondo a un libro di questo genere senza aver intuito il nome del colpevole è un qualcosa di molto positivo, ma in questo caso la sorpresa è solo parziale perché non è determinata tanto da un intreccio riuscito, quanto dallo scarso rilievo dato a qualcuno (ammetto di aver dovuto ricorrere alla funzione "cerca" del Kindle per andare a ripescare quel nome che avevo dimenticato), ma ho comunque molta voglia di leggere i due titoli successivi dell'autrice e questo vale più di un numero sufficiente di stelline.

Reading Challenge 2024, traccia vagabonda gennaio: Germania