venerdì 5 aprile 2024

"The Hole", Hye-Young Pyun

 

"Erano diventati l'uno per l'altra l'unica famiglia"
Seul (Corea del Sud), giorni nostri. L'uno é Oghi, 47 anni, docente universitario, che un giorno riapre gli occhi ritrovandosi in un letto di ospedale a causa di un terribile incidente automobilistico in cui la moglie ha perso la vita, mentre lui - sfigurato e paralizzato - è in grado di muovere soltanto gli occhi e le palpebre. L'altra è la suocera, vedova da tre anni e adesso privata anche dell'unica figlia. Una donna educata e dignitosa di origini giapponesi che nell'arco dei quindici anni di matrimonio Oghi aveva frequentato e conosciuto poco.
Otto mesi dopo l'incidente Oghi viene dimesso e, non avendo altri familiari, sarà la suocera ad assumere il ruolo di amministratrice di sostegno. Un nobile gesto, ma soltanto all'apparenza: inchiodato nel suo letto, senza poter né parlare né muoversi, Oghi si trova ad affrontare giornate interminabili, isolato dal resto del mondo da quella suocera che lo trascura e che sembra essere ossessionata dal giardino che la figlia aveva reso lussureggiante. Ma se la figlia seminava e piantava, adesso la madre estirpa e scava, con rabbia crescente.

Scritto nel 2016 e vincitore dello Shirley Jackson Award l'anno successivo, "The Hole" è arrivato da noi soltanto a settembre della scorso anno ed è finito subito nella mia wish list dopo aver letto che era stato selezionato da “Time” tra i migliori dieci thriller dell’anno.

"The Hole è un romanzo che appassiona e dà i brividi"

Posso dirmi d'accordo, anche se non ha soddisfatto pienamente le alte aspettative che avevo. E' una lettura che se da un lato invoglia a procedere per scoprire cosa succederà, dall'altro frena per la pesantezza del contesto. Mi ha trasmesso la stessa angoscia provata moltissimi anni fa con "Misery non deve morire", il romanzo di Stephen King che ho preferito fra i pochi suoi che ho letto. L'unica analogia è la reclusione forzata dentro a una stanza: è impossibile fare altri paragoni fra le storie che raccontano, fra i due protagonisti, fra le due carceriere o altro, ma il senso di oppressione che mi hanno fatto provare è lo stesso e se quello che succede a Paul Sheldon vince sul piano della paura, le vicende di Oghi sbaragliano in afflizione.

Sostantivo che mal si associa al genere thriller, ma qui c'è più psicologia che suspense, con un finale accattivante parzialmente rovinato dalle ultimissime considerazioni, troppo filosofeggianti per quello che piace a me, ma che non mi hanno tolto il desiderio di leggere altro della Pyun, se mai la tradurranno ancora.

Reading Challenge 2024, traccia vagabonda aprile: Corea del Sud