Barcellona, lunedì 8 giugno 2015. Andrea Fernández ha 33 anni e nessun motivo per essere felice: il figlio tanto desiderato non arriva, il matrimonio con Nico sta andando a rotoli, il romanzo noir che sta cercando di scrivere da molti anni non ha mai superato le prime dieci pagine. Lasciare il buio appartamento in calle Santa Ana per trasferirsi in una villetta all'estrema periferia della città non ha cambiato nulla e dover ospitare Victor - il fratello di Nico, tornato in Spagna dopo aver vissuto negli Stati Uniti per quindici anni - ha reso le giornate di Andrea ancora più lunghe e difficili. Il cognato è un estraneo, si erano visti soltanto due volte senza piacersi, e Nico passa sempre meno tempo in casa. Andrea ha soltanto tre fonti di conforto: l'alcool, gli psicofarmaci e la finestra, da cui può spiare quello che fanno gli altri abitanti della via.
Per far capire il rapporto che ho avuto con questo libro basterebbe dire che sia ieri sera che l'altro ieri sera mi sono addormentata mentre lo stavo leggendo! Ed è un thriller!! Ed ero alle battute finali, quindi al massimo dell'acme!!!
Invece non basta perché la Reading Challenge richiede recensioni un po' più approfondite. E poi ho sempre voglia di parlare dei libri che non mi sono piaciuti, soprattutto quando leggo recensioni a cinque stelle su Amazon e IBS che mi portano a chiedermi se abbiamo letto tutti la stessa cosa (domanda legittima nel caso un tal Michele che giustifica le sue cinque stelline scrivendo: "Finalmente un thriller italiano degno di essere letto e amato").
Certo, i gusti sono personali e ci mancherebbe, ma per sorvolare su difetti grossi e oggettivi ci vuole una generosità molto lontana da me.
Lorena Franco, classe 1983, è una bellissima modella e attrice spagnola, nonché una prolifica scrittrice: dal 2015 a oggi ha pubblicato ben 27 titoli. "Ella lo sabe" (titolo originale che a fine lettura risulta più accattivante della versione italiana), uscito nel 2017, è il suo primo thriller. Da noi ne hanno tradotto soltanto un altro, "La donna della porta accanto", già cancellato dalla mia wish list.
Il breve prologo - simile a troppi altri thriller (una ragazza è imprigionata in un luogo freddo e buio, c'è un odore nauseabondo e lei sa che il Mostro sta per tornare) - viene presto dimenticato con il primo capitolo, l'unico lungo, dove l'autrice cerca di far conoscere la sua protagonista, mischiando il presente (giugno 2015) al recente passato, risalente a due anni prima (l'8 giugno è infatti il secondo anniversario del trasferimento della coppia dal centro alla periferia di Barcellona). Ma la Franco gestisce male i piani temporali, cosa di cui deve essersi resa conto perché da circa metà libro in poi i passaggi fra passato e presente vengono sostituiti da una narrazione lineare dove i personaggi raccontano banalmente i fatti accaduti.
Personaggi che non legano il lettore al libro, sono tutti astiosi e disturbanti, come lo è in generale la storia. Personaggi che sono pochi e che si alternano nei vari capitoli, tutti scrupolosamente datati, cosa che amo, a patto che non vengano fatti errori e qui non mancano (ad esempio il 17 giugno succede qualcosa di rilevante e subito dopo due personaggi - uno il 22 giugno e l'altro il 23 - dicono che sono passate due settimane da quel momento).
La scrittura è davvero semplice, se non addirittura povera, abbonda di espressioni che bisognerebbe smettere di usare dalla quinta elementare ("la frittata era fatta", "chi va piano, va sano e va lontano", "mi darò alla macchia", "uccel di bosco", "sotto mentite spoglie", "quel che è fatto, è fatto" e altre ancora, anche ripetute: "come se niente fosse" viene usato ben undici volte!): un campionario che indispone trovare nel lavoro di uno scrittore professionista a cui abbiamo dato i nostri soldi per poter leggere la sua opera.
Ma le ripetizioni sono costanti anche nei concetti, i fatti vengono descritti e ripresi più volte finendo per soffocare i colpi di scena ed è un peccato perché se la storia fosse stata raccontata meglio alleggerendola delle tante parti inutili, avrebbero fatto segnare al thriller qualche buon punto, anche se quello che racconta è davvero esagerato: va bene che nella fiction tutto può succedere, ma se non si scrive un fantasy, un romanzo di fantascienza o una favola per bambini, bisogna essere in grado di mantenere una certa logica, che qua manca e quando la Franco fa dire a uno dei suoi personaggi che si tratta di un "piano machiavellico" mi ha fatto un po' tenerezza perché sottintende una trama intelligente e proprio non lo è.
E poi ci sono Zafón e Barcellona: non avere letto "L'ombra del vento", che per Andrea è una sorta di Bibbia, mi ha fatto perdere il piacere dei tanti rimandi al libro.
Discorso analogo per la città, che non ho mai visitato e che per me rappresenta la squadra contro cui la mia Samp ha perso ben due finali di coppe europee...
Ma non sono stati gli strali calcistici a farmi risultare pesante tutto lo spazio che la Franco dedica alla sua città: apprezzo sempre tanto l'attaccamento di un autore al suo territorio e i libri dove l'ambientazione è protagonista, ma qui mancano l'orgoglio e la passione, ci sono solo tanti elenchi di luoghi da visitare, posti dove mangiare, attività commerciali dove comprare, eccetera, simili alle descrizioni delle brochure comunali, che interrompono la storia in maniera forzata e fastidiosa:
492 pagine: less is more!
Per far capire il rapporto che ho avuto con questo libro basterebbe dire che sia ieri sera che l'altro ieri sera mi sono addormentata mentre lo stavo leggendo! Ed è un thriller!! Ed ero alle battute finali, quindi al massimo dell'acme!!!
Invece non basta perché la Reading Challenge richiede recensioni un po' più approfondite. E poi ho sempre voglia di parlare dei libri che non mi sono piaciuti, soprattutto quando leggo recensioni a cinque stelle su Amazon e IBS che mi portano a chiedermi se abbiamo letto tutti la stessa cosa (domanda legittima nel caso un tal Michele che giustifica le sue cinque stelline scrivendo: "Finalmente un thriller italiano degno di essere letto e amato").
Certo, i gusti sono personali e ci mancherebbe, ma per sorvolare su difetti grossi e oggettivi ci vuole una generosità molto lontana da me.
Lorena Franco, classe 1983, è una bellissima modella e attrice spagnola, nonché una prolifica scrittrice: dal 2015 a oggi ha pubblicato ben 27 titoli. "Ella lo sabe" (titolo originale che a fine lettura risulta più accattivante della versione italiana), uscito nel 2017, è il suo primo thriller. Da noi ne hanno tradotto soltanto un altro, "La donna della porta accanto", già cancellato dalla mia wish list.
Il breve prologo - simile a troppi altri thriller (una ragazza è imprigionata in un luogo freddo e buio, c'è un odore nauseabondo e lei sa che il Mostro sta per tornare) - viene presto dimenticato con il primo capitolo, l'unico lungo, dove l'autrice cerca di far conoscere la sua protagonista, mischiando il presente (giugno 2015) al recente passato, risalente a due anni prima (l'8 giugno è infatti il secondo anniversario del trasferimento della coppia dal centro alla periferia di Barcellona). Ma la Franco gestisce male i piani temporali, cosa di cui deve essersi resa conto perché da circa metà libro in poi i passaggi fra passato e presente vengono sostituiti da una narrazione lineare dove i personaggi raccontano banalmente i fatti accaduti.
Personaggi che non legano il lettore al libro, sono tutti astiosi e disturbanti, come lo è in generale la storia. Personaggi che sono pochi e che si alternano nei vari capitoli, tutti scrupolosamente datati, cosa che amo, a patto che non vengano fatti errori e qui non mancano (ad esempio il 17 giugno succede qualcosa di rilevante e subito dopo due personaggi - uno il 22 giugno e l'altro il 23 - dicono che sono passate due settimane da quel momento).
La scrittura è davvero semplice, se non addirittura povera, abbonda di espressioni che bisognerebbe smettere di usare dalla quinta elementare ("la frittata era fatta", "chi va piano, va sano e va lontano", "mi darò alla macchia", "uccel di bosco", "sotto mentite spoglie", "quel che è fatto, è fatto" e altre ancora, anche ripetute: "come se niente fosse" viene usato ben undici volte!): un campionario che indispone trovare nel lavoro di uno scrittore professionista a cui abbiamo dato i nostri soldi per poter leggere la sua opera.
Ma le ripetizioni sono costanti anche nei concetti, i fatti vengono descritti e ripresi più volte finendo per soffocare i colpi di scena ed è un peccato perché se la storia fosse stata raccontata meglio alleggerendola delle tante parti inutili, avrebbero fatto segnare al thriller qualche buon punto, anche se quello che racconta è davvero esagerato: va bene che nella fiction tutto può succedere, ma se non si scrive un fantasy, un romanzo di fantascienza o una favola per bambini, bisogna essere in grado di mantenere una certa logica, che qua manca e quando la Franco fa dire a uno dei suoi personaggi che si tratta di un "piano machiavellico" mi ha fatto un po' tenerezza perché sottintende una trama intelligente e proprio non lo è.
E poi ci sono Zafón e Barcellona: non avere letto "L'ombra del vento", che per Andrea è una sorta di Bibbia, mi ha fatto perdere il piacere dei tanti rimandi al libro.
Discorso analogo per la città, che non ho mai visitato e che per me rappresenta la squadra contro cui la mia Samp ha perso ben due finali di coppe europee...
Ma non sono stati gli strali calcistici a farmi risultare pesante tutto lo spazio che la Franco dedica alla sua città: apprezzo sempre tanto l'attaccamento di un autore al suo territorio e i libri dove l'ambientazione è protagonista, ma qui mancano l'orgoglio e la passione, ci sono solo tanti elenchi di luoghi da visitare, posti dove mangiare, attività commerciali dove comprare, eccetera, simili alle descrizioni delle brochure comunali, che interrompono la storia in maniera forzata e fastidiosa:
"Passeggiano per i dintorni di plaça Reial, godendosi l’atmosfera creata dai piccoli bar con i tavolini all’aperto e dai tanti locali notturni. Probabilmente non sospettano neppure quanta storia c’è intorno a loro. Qui è come se il tempo si fosse fermato. Nessuno fa caso all’erboristeria del Diciannovesimo secolo in calle del Vidre, la via che collega la piazza a calle Ferran; né probabilmente sanno che dentro c’è una fontana dove un tempo si allevavano le sanguisughe per i salassi. Forse non immaginano neppure che i due lampioni a sei braccia, disposte ad altezze diverse come rami di un albero, sono stati disegnati da un giovane Gaudí, incaricato dall’Ayuntamiento di progettare lampioni a gas per tutta Barcellona. Ne restano solo quattro: i due di plaça Reial e quelli del pla de Palau, con sole tre braccia. I turisti passeranno da queste parti senza sospettare nulla di tutto questo. Alcuni si soffermeranno a prendere un caffè accanto a me e Nico, poi faranno un giro per la Rambla, “la via più allegra del mondo”, come la chiamava il poeta Federico García Lorca."
492 pagine: less is more!
Reading Challenge 2023, traccia annuale di aprile: otto libri della propria wish list