giovedì 20 luglio 2023

"Lettera a Berlino", Ian McEwan



Berlino, 1955. Léonard Marnham, inglese di Tottenham, ha 25 anni quando arriva a Berlino. In un'epoca in cui a quell'età si veniva (giustamente) considerati adulti, lui è ancora un ragazzo che non ha mai abbandonato il tetto familiare. Vergine, con pochi amici e pochi interessi, solo sul posto scopre che la sua esperienza con i telefoni servirà a quelli del blocco occidentale per le intercettazioni di quelli del blocco orientale, e che dovrà installare e riparare i registratori usati nel tunnel sotterraneo costruito dalla CIA e dal M16. Già da otto anni imperversa la Guerra Fredda e Berlino è una città occupata che in qualche modo è sopravvissuta e che cerca di rinascere.
Quella che probabilmente per Léonard sarebbe stata solo un'esperienza lavorativa viene subito trasformata dall'incontro con Maria Eckdorf. Lei lo aggancia alla prima uscita serale: è bionda, è bella, ha 30 anni ed è fresca di divorzio. Una donna che sa quanta paura e quanto male possano fare certi uomini, ma che proprio per questo riconosce subito la bontà in quel timido e inesperto ragazzo inglese.

"Con lui provò la sensazione meravigliosa di non aver paura di un uomo."

Il titolo originale, “The Innocent”, è stato mantenuto per il film del 1993, che dovrò assolutamente recuperare.
Il libro, pubblicato nel 1990, è il quarto romanzo scritto dall'autore e il quinto che leggo: Ian McEwan è uno dei pochi di cui recupero i titoli senza seguire l'ordine cronologico, libertà che mi prendo quando - per un motivo o per l'altro - non inizio dall'opera prima, finendo poi col zigzagare. Se preferisco leggere i libri in ordine di data non è solo per la mia mania per la precisione, ma soprattutto perché amo seguire la crescita di una penna. Allora forse non è casuale se gli autori con cui serpeggio sono Grandi Autori: Roth, Oates, Allende, McEwan... Sicuramente un libro può piacere più o meno di un altro, ma con certe firme il livello oscilla fra l'alto e l'altissimo, a prescindere da quanto fossero giovani o maturi nel momento in cui lo hanno scritto.

La cosa incredibile con McEwan è che siano passati più di tre anni dall'ultimo libro letto, "La ballata di Adam Henry", che all'epoca era il mio preferito e continua a esserlo, nonostante "Lettera a Berlino" sia stato una piacevolissima sorpresa. Dall'ambientazione e dal periodo temevo una spy-story (genere agli ultimi posti del mio indice di gradimento/interesse), ma questo aspetto della vicenda fa solo da contorno ed è molto sfumato.

La storia si sviluppa fra il 1955 e il 1956 e ha Léonard il protagonista assoluto. Pur basandosi su fatti reali (CIA e M16 hanno davvero costruito un tunnel che penetrava nella zona controllata dai russi e che fu attivo per quasi un anno, era l'Operazione Oro. Nel libro compaiono William Harvey, l'agente responsabile del progetto, e George Blake, di cui non specifico il ruolo perché sarebbe uno spoiler), non c'è un vero approfondimento di quello che è il suo lavoro durante i mesi trascorsi in Germania (e meno male, sarebbe stato noiosissimo), piuttosto McEwan si occupa dei suoi rapporti con gli altri (pochi) personaggi citati.
Il confronto fra Léonard e Bob Glass (che nel film è interpretato da Anthony Hopkins), l'americano a cui deve fare riferimento, è in realtà il confronto fra gli Stati Uniti e il resto del mondo, fra chi si crede e si comporta come il padrone della Terra perché potente e chi si ritiene più importante per il prestigio storico.
Peccato che nessuno sia a casa propria, ma a dieci anni dalla fine della guerra la Germania aveva ancora molti conti da pagare e fa riflettere, in positivo, pensare a cos'è la Berlino di oggi, una città emblema di libertà e possibilità per tanti giovani.

Più rilevante è la relazione di Léonard e Maria, da un lato la tenera inesperienza di lui, il cercare di capire e di farsi capire reso difficile dal timore di esporsi, dall'altro la maturità di lei frenata dal già vissuto.

"Per Maria, che aveva alle spalle la liberazione di Berlino e un matrimonio con Otto Eckdorf, qualunque dimostrazione di vulnerabilità da parte di un uomo significava la possibilità di un approccio."

Ma "Lettera a Berlino" non è nemmeno una semplice storia d'amore: è un noir che non ti aspetti e sicuramente non mi sarei mai aspettata un McEwan così cruento.

Splendido l'ultimo capitolo.

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