Londra, 15 febbraio di un anno non precisato. Sono circa trent'anni che Mrs e Mr Ransome vivono a Naseby Mansions, un palazzo edoardiano color vinaccia nei pressi di Regent’s Park. Lui avvocato, lei moglie: una coppia senza figli che ha trovato il proprio equilibrio in una routine noiosa e priva di slanci.
Lo scossone arriva quando, tornando a casa dopo aver trascorso la serata a teatro, trovano l'appartamento completamente ripulito: i ladri non si sono limitati a rubare gioielli, pellicce, televisori e le altre cose di valore. No, hanno fatto piazza pulita portando via ogni cosa, anche la moquette e lo scopino del WC. E ora cosa faranno i Ransome?
Scritto nel 1996, titolo originale "The Clothes They Stood Up In", è un romanzo breve (o racconto lungo) di appena 95 pagine, esattamente le stesse del famosissimo "La sovrana lettrice" che avevo letto nel 2017.
Un altro librino carino che non ho trovato esilarante come annunciato nella sinossi, ma divertente grazie al humor britannico di Bennett e a situazioni paradossali per le quali è facile sorridere, a patto di non pensare a chi nella realtà si ritrova a essere "nudo e crudo" perdendo tutto a causa di un crollo o di un incendio, magari senza poter beneficiare né di un'assicurazione né di un degno conto in banca.
Ma Rosemary e Maurice sono personaggi di fantasia e si può ridere delle loro disavventure a cuor leggero (realizzare solo dopo aver evacuato che i ladri si sono portati via anche la carta igienica non è piacevole...). Due personaggi volutamente piatti, ma mentre lui resta tale, lei procedendo con la lettura (che si conclude in un paio d'ore), riserva delle sorprese. Perché mentre il marito vede nel furto la possibilità di potersi dotare di un impianto stereo migliore di quello che aveva, la moglie nei tre mesi successivi (la storia abbraccia questo arco temporale) progressivamente si rende conto di quanto valore diamo agli oggetti materiali.
"La gente può fare a meno di tante cose; il problema è che non riesce a non andare a comprarle."
E così ci ritroviamo pieni di cose senza le quali ci sentiamo vuoti. Soprattutto compriamo per compensare le mancanze interiori, spesso incolmabili. Ed ecco la sorpresa di questo librino che nella sua brevità nasconde un notevole carico di amarezza (ma potrei averla percepita più forte di quanto non sia perché il vuoto della protagonista femminile è lo stesso mio) e spinge a riflettere sulla futilità del consumismo di cui tutti siamo bene o male vittime, più o meno consapevoli.
Reading Challenge 2023, traccia annuale di maggio: libri le cui iniziali dei titoli compongono il proprio nome