sabato 28 novembre 2020

"Ossessione", Nora Roberts

Pine Meadows (Virginia occidentale), 29 agosto 1998. Naomi Bowes si sveglia in piena notte a causa di un rumore. Dalla finestra vede il suo papà inoltrarsi nel bosco che circonda la casetta. Non può resistere all’impulso di uscire e seguirlo, è sicura che in questo modo troverà il posto dove lui ha nascosto la bicicletta rossa che sicuramente le regalerà fra due giorni, per il suo dodicesimo compleanno…
Sunrise Cove (Stato di Washingtone), 2016. Naomi adesso ha trent’anni, ha cambiato cognome e ha raggiunto il successo come fotografa, un lavoro che ama e che adesso le ha permesso di comprare quella grande e vecchia casa sulla scogliera. Ancora non se ne capacita, lei non è una che mette radici, che crea legami… Ma non ha saputo resistere a quel panorama, trovando anche un cane, degli amici e l’amore.

Ma qualcuno sembra aver trovato lei: qualcuno che sa che diciotto anni prima nel bosco lei non aveva trovato il posto dove il padre aveva nascosto la sua bicicletta rossa, ma quello dove nascondeva una persona!


Quattro mesi dopo aver letto "Luci d'inverno" e "Il mistero del lago" mi sono decisa ad affrontare il terzo libro della Roberts che avevo comprato insieme agli altri. Decisamente migliore del secondo, lo pongo sullo stesso livello del primo: non alto, ma neppure insufficiente, si lascia leggere.

Nell’immensità di titoli pubblicati dall’autrice mi chiedo se sono tutti strutturati allo stesso modo o se a me siano capitati i tre in cui la protagonista, dopo aver vissuto una tragica esperienza in un luogo, si trasferisce nel posto in cui poi si sviluppa la vicenda portante del romanzo: non avendo mai creduto nelle coincidenze, ho il forte dubbio che la Roberts abbia poca fantasia, ma – se dopo aver letto “Il mistero del lago” ero sicura che non avrei mai comprato altro di suo – facendo una media sui tre penso che potrei tornare a leggerla nel caso mi capitasse un’offerta di acquisto conveniente come la scorsa estate.

A riscattarla è stata la prima parte di questo romanzo: bellissima, avvincente, carica di suspense, thriller al 100%. Poi però la protagonista è cresciuta, è diventata adulta e la Roberts ha potuto inserire la storia d’amore che, come nei due libri precedenti, scade in personaggi stereotipati, con il macho che deve proteggere la giovane fanciulla e infarcendo lo scritto con quelle espressioni antiquate di cui sembra non poter proprio fare a meno e che mi urtano quasi più del perdere un derby di Coppa Italia per 3-1, dalla bionda mozzafiato allo schianto di pollastrella. Ma ha proprio qualche problema con aggettivi e nomignoli: se ne “Il mistero del lago” l’avrei uccisa per quel “mingherlina” con cui il protagonista maschile si rivolgeva alla protagonista femminile una trentina di volte, stavolta a Naomi tocca “secca”, fortunatamente con meno frequenza, ma torna l’irritante abuso di sorrisi sfacciati o pericolosi, pericolosi al pari degli occhi azzurri che però possono essere anche sfrontati, mentre quelli marroni per la Roberts sono tranquilli o caldi: evidentemente alla signora lo sguardo di Clooney non fa lo stesso effetto che fa a me!


Anche l’insalata prepotente merita una citazione!


Aggettivi a parte, è un peccato che l’intero libro non sia all’altezza dell’inizio, il colpevole lo si intuisce facilmente ben ben prima della fine, ma questo perché la fiction non è la realtà dove il cattivo può essere chiunque: nei romanzi deve essere qualcuno che compare nella storia e la bravura di chi scrive thriller è proprio quella di nasconderlo in mezzo agli altri personaggi fino all’acme del libro, cosa che la Roberts qui non è stata in grado di fare, era palesemente lui e non solo andando per esclusione.


Ma è stata comunque una lettura di compagnia che mi ha fatto pensare che potrei leggere qualcos’altro dell’autrice e non è cosa da poco.

Reading Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia a cascata di novembre, lo collego a "L'anima del male" perchè entrambe le autrici sono statunitensi