Pine
Meadows (Virginia occidentale), 29 agosto 1998. Naomi Bowes si
sveglia in piena notte a causa di un rumore. Dalla finestra vede il
suo papà inoltrarsi nel bosco che circonda la casetta. Non può
resistere all’impulso di uscire e seguirlo, è sicura che in questo
modo troverà il posto dove lui ha nascosto la bicicletta rossa che
sicuramente le regalerà fra due giorni, per il suo dodicesimo
compleanno…
Sunrise
Cove (Stato di Washingtone), 2016. Naomi adesso ha trent’anni, ha
cambiato cognome e ha raggiunto il successo come fotografa, un lavoro
che ama e che adesso le ha permesso di comprare quella grande e
vecchia casa sulla scogliera. Ancora non se ne capacita, lei non è
una che mette radici, che crea legami… Ma non ha saputo resistere a
quel panorama, trovando anche un cane, degli amici e l’amore.
Ma
qualcuno sembra aver trovato lei: qualcuno che sa che diciotto anni
prima nel bosco lei non aveva trovato il posto dove il padre aveva
nascosto la sua bicicletta rossa, ma quello dove nascondeva una
persona!
Quattro
mesi dopo aver letto "Luci
d'inverno" e "Il
mistero del lago" mi sono decisa ad affrontare il terzo
libro della Roberts che avevo comprato insieme agli altri.
Decisamente migliore del secondo, lo pongo sullo stesso livello del
primo: non alto, ma neppure insufficiente, si lascia leggere.
Nell’immensità
di titoli pubblicati dall’autrice mi chiedo se sono tutti
strutturati allo stesso modo o se a me siano capitati i tre in cui la
protagonista, dopo aver vissuto una tragica esperienza in un luogo, si
trasferisce nel posto in cui poi si sviluppa la vicenda portante del romanzo: non avendo mai creduto nelle coincidenze, ho il forte
dubbio che la Roberts abbia poca fantasia, ma – se dopo aver letto
“Il mistero del lago” ero sicura che non avrei mai comprato altro
di suo – facendo una media sui tre penso che potrei tornare a
leggerla nel caso mi capitasse un’offerta di acquisto conveniente
come la scorsa estate.
A
riscattarla è stata la prima parte di questo romanzo: bellissima,
avvincente, carica di suspense, thriller al 100%. Poi però la
protagonista è cresciuta, è diventata adulta e la Roberts ha potuto
inserire la storia d’amore che, come nei due libri
precedenti, scade in personaggi stereotipati, con il macho che deve
proteggere la giovane fanciulla e infarcendo lo scritto con quelle
espressioni antiquate di cui sembra non poter proprio fare a meno e
che mi urtano quasi più del perdere un derby di Coppa Italia per
3-1, dalla bionda mozzafiato allo schianto di pollastrella. Ma ha
proprio qualche problema con aggettivi e nomignoli: se ne “Il
mistero del lago” l’avrei uccisa per quel “mingherlina” con
cui il protagonista maschile si rivolgeva alla protagonista femminile
una trentina di volte, stavolta a Naomi tocca “secca”,
fortunatamente con meno frequenza, ma torna l’irritante abuso di
sorrisi sfacciati o pericolosi, pericolosi al pari degli occhi
azzurri che però possono essere anche sfrontati, mentre quelli
marroni per la Roberts sono tranquilli o caldi: evidentemente alla signora
lo sguardo di Clooney non fa lo stesso effetto che fa a me!
Anche
l’insalata prepotente merita una citazione!
Aggettivi
a parte, è un peccato che l’intero libro non sia all’altezza
dell’inizio, il colpevole lo si intuisce facilmente ben ben prima
della fine, ma questo perché la fiction non è la realtà dove il
cattivo può essere chiunque: nei romanzi deve essere qualcuno che compare nella storia e la bravura
di chi scrive thriller è proprio quella di nasconderlo in
mezzo agli altri personaggi fino all’acme del libro, cosa che la
Roberts qui non è stata in grado di fare, era palesemente lui e non
solo andando per esclusione.
Ma
è stata comunque una lettura di compagnia che mi ha fatto pensare
che potrei leggere qualcos’altro dell’autrice e non è cosa da
poco.