Bari, una sera di dicembre del 2007. La voce narrante - nome non pervenuto, età che si aggira attorno ai 45 anni, scrittore di successo tradotto anche all'estero - riceve una telefonata non propriamente gradita da Giampiero Lanave che, senza lasciargli il tempo per inventare una scusa, lo avvisa che sta andando a prenderlo insieme a Paolo Morelli per una rimpatriata.
I tre, dopo essersi pressoché ignorati durante i cinque anni del liceo, erano diventati grandi amici all'università, finendo poi però col perdersi di vista. Giampiero ha seguito le orme del padre diventando notaio, mentre Paolo subito dopo la laurea si è trasferito a Chicago, dove insegna.
Ha senso rivedersi se in quei vent'anni nessuno dei tre ha mai cercato di mantenere o di riallacciare il legame con gli altri due?
Solo Giampiero sembra esserne contento e, dopo aver offerto agli amici una sontuosa cena al ristorante, inizia un giro notturno della città, per mostrare all'amico "americano" i cambiamenti e per rievocare ricordi, comuni e non.
Un'altra piacevolissima lettura di Carofiglio, una guida turistica di Bari travestita da romanzo, cioè la stessa idea avuta da Rissotto con "Peglite", solo che a Carofiglio l'esperimento è riuscito un po' (tanto) meglio.
A Bari ci sono andata solo in occasione delle partite della mia Samp, quando Bari vecchia non era un posto raccomandabile (nel libro si parla di una trasformazione e siccome ho ben presente di come anche il centro storico di Genova abbia cambiato faccia dalle colombiane in poi, la notizia mi ha fatto senz'altro piacere), ma del resto non eravamo andati fin lì per fare i turisti...
E Carofiglio con questo libro fa decisamente venire voglia di visitare Bari: campanilista come sono, apprezzo tantissimo il modo in cui manifesta (cosa che ha fatto anche in altri romanzi) il suo attaccamento alla città. Anche se a tratti l'elenco di vie (quelle che i tre personaggi percorrono in auto o a piedi) assume un po' l'aspetto di uno stradario, sono sicura che non abbia dimenticato neppure un luogo di interesse nè un fatto rilevante accaduto in un posto specifico.
Immancabile quello dell'incendio del Petruzzelli, meno scontato (o forse no, trattandosi di Carofiglio) quello dei 15.000 albanesi sbarcati al porto di Bari nell'estate del '91.
Cita persone reali, come la ceramista Mimma Russo Frattasi, e racconta aneddoti legati alla città, fra cui la leggenda di San Nicola, che aveva già spiegato in un altro romanzo, non ricordo quale.
Tutte cose che aveva fatto anche Rissotto. La differenza (oltre all'ovvio abisso nel modo di scrivere) è che lui in "Peglite" si era inventato una storia strampalata e, diciamolo, davvero bruttina e stupidotta, con un protagonista insignificante, mentre Carofiglio l'ha fatta semplice e ha vinto: la rimpatriata con vecchi amici è un qualcosa che tutti abbiamo sperimentato più volte, sappiamo come questi incontri siano caratterizzati dall'aggiornarsi brevemente su quello che si è fatto da quando si sono persi i contatti fino al presente per poi tuffarsi nel mare dei ricordi comuni. E inventarsi che uno dei tre abbia lasciato la città di origine dopo gli studi ha dato un senso logico a tutto quel gran girovagare e al raccontare (a lui e a chi legge) dei cambiamenti urbanistici e non solo (ad esempio dei locali storici frequentati un tempo).
I tre, dopo essersi pressoché ignorati durante i cinque anni del liceo, erano diventati grandi amici all'università, finendo poi però col perdersi di vista. Giampiero ha seguito le orme del padre diventando notaio, mentre Paolo subito dopo la laurea si è trasferito a Chicago, dove insegna.
Ha senso rivedersi se in quei vent'anni nessuno dei tre ha mai cercato di mantenere o di riallacciare il legame con gli altri due?
Solo Giampiero sembra esserne contento e, dopo aver offerto agli amici una sontuosa cena al ristorante, inizia un giro notturno della città, per mostrare all'amico "americano" i cambiamenti e per rievocare ricordi, comuni e non.
Un'altra piacevolissima lettura di Carofiglio, una guida turistica di Bari travestita da romanzo, cioè la stessa idea avuta da Rissotto con "Peglite", solo che a Carofiglio l'esperimento è riuscito un po' (tanto) meglio.
A Bari ci sono andata solo in occasione delle partite della mia Samp, quando Bari vecchia non era un posto raccomandabile (nel libro si parla di una trasformazione e siccome ho ben presente di come anche il centro storico di Genova abbia cambiato faccia dalle colombiane in poi, la notizia mi ha fatto senz'altro piacere), ma del resto non eravamo andati fin lì per fare i turisti...
E Carofiglio con questo libro fa decisamente venire voglia di visitare Bari: campanilista come sono, apprezzo tantissimo il modo in cui manifesta (cosa che ha fatto anche in altri romanzi) il suo attaccamento alla città. Anche se a tratti l'elenco di vie (quelle che i tre personaggi percorrono in auto o a piedi) assume un po' l'aspetto di uno stradario, sono sicura che non abbia dimenticato neppure un luogo di interesse nè un fatto rilevante accaduto in un posto specifico.
Immancabile quello dell'incendio del Petruzzelli, meno scontato (o forse no, trattandosi di Carofiglio) quello dei 15.000 albanesi sbarcati al porto di Bari nell'estate del '91.
Cita persone reali, come la ceramista Mimma Russo Frattasi, e racconta aneddoti legati alla città, fra cui la leggenda di San Nicola, che aveva già spiegato in un altro romanzo, non ricordo quale.
Tutte cose che aveva fatto anche Rissotto. La differenza (oltre all'ovvio abisso nel modo di scrivere) è che lui in "Peglite" si era inventato una storia strampalata e, diciamolo, davvero bruttina e stupidotta, con un protagonista insignificante, mentre Carofiglio l'ha fatta semplice e ha vinto: la rimpatriata con vecchi amici è un qualcosa che tutti abbiamo sperimentato più volte, sappiamo come questi incontri siano caratterizzati dall'aggiornarsi brevemente su quello che si è fatto da quando si sono persi i contatti fino al presente per poi tuffarsi nel mare dei ricordi comuni. E inventarsi che uno dei tre abbia lasciato la città di origine dopo gli studi ha dato un senso logico a tutto quel gran girovagare e al raccontare (a lui e a chi legge) dei cambiamenti urbanistici e non solo (ad esempio dei locali storici frequentati un tempo).
Sono sicura che Carofiglio abbia attinto a piene mani dai suoi reali ricordi, ad esempio il liceo frequentato dai suoi personaggi è proprio la sua vecchia scuola, l'Orazio Flacco. E non mi stupirei se da ragazzo avesse avuto un cane di nome Randy...
Un libro malinconico sotto molto aspetti, ma anche quello dove spicca maggiormente l'umorismo raffinato dell'autore, che forse in tanti non gli riconoscono, ma solo perchè non sono in grado di coglierlo e/o di apprezzarlo.
Gli faccio solo un appunto: caro Carofiglio, la vera focaccia non è "quella con pomodori, olive, bordi bruciacchiati (e basta)".
La vera focaccia è quella genovese (e basta) ^^
Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia compleanno di maggio (l'autore è nato il 30 maggio 1961)