Londra, 2018. Sylvie e Dan Winter hanno 32 anni, sono sposati da sette e stanno insieme da dieci. Possono dire di aver già raggiunto i loro obiettivi: hanno due adorabili figlie gemelle di cinque anni, Anna e Tessa (tifose del Chelsea), una bella casa nel quartiere residenziale di Wandsworth, due lavori appaganti che forniscono sicurezza economica e soddisfacente tempo libero, una vita sociale interessante e, soprattutto, godono entrambi di ottima salute. Come i loro genitori, come i loro nonni: tutti longevi, tutti sani. L'unico a essere morto prematuramente è il padre di Sylvie, ma si è trattato di un incidente automobilistico...
Con un albero genealogico così fortunato e valutando i felici esiti dei reciproci check up, il dottor Bamford prevede per la coppia un futuro da centenari. E questo si traduce in altri sessantotto anni di matrimonio!
Ma è davvero possibile vivere per così tanto tempo sempre insieme alla stessa persona? Oltretutto conoscendosi così bene da sapere sempre con esattezza cosa l'altro/a dirà, farà, penserà? Forse è il caso di prevenire la noia facendosi delle sorprese...
Scritto nel 2018 (ed era proprio dal 2018 che non leggevo qualcosa della Kinsella) e tradotto (come quasi tutti i suoi libri) da Stefania Bertola, fino a poco oltre la metà è un suo tipico romanzo, molto vicino al genere chick lit (ma non tale al 100%), con una protagonista femminile in linea con quelle dell'autrice, una giovane donna piena di sè, che dà un'importanza esagerata all'apparire, al possedere, al suscitare invidia negli altri e indifferente a tutto ciò che non ruota attorno a lei e al suo piccolo nucleo familiare, quindi una figura odiosa che nella finzione riesce a far divertire grazie ai suoi immancabili inciampi sulla strada della pretesa perfezione.
A un certo punto, però, Sylvie scopre qualcosa che fa perdere alla storia la sua frivolezza, non arriva al punto da potersi staccare dal genere rosa, ma il dramma c'è e porta a commuoversi, cosa che non mi aspettavo e che ha reso più interessante la lettura. Il libro, secondo me, non va oltre la sufficienza (che comunque non è disprezzabile), ma se leggendo la prima metà mi chiedevo seriamente che senso avesse continuare a mantenere in wish list titoli di cui ho superato il target da almeno vent'anni, nella seconda ho smesso di considerarlo tempo perso.
Una cosa, però, mi chiedo. Per ben sedici volte Sylvie o qualche altro personaggio beve un sorso di vino: ma solo io lo tracanno a gollate?
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Challenge 2022, traccia di febbraio: un libro con lo sfondo di un unico colore