Oceano Atlantico, lunedì 15 aprile 1912. Sono le 2.20 del mattino quando l'inaffondabile Titanic cola a picco, due ore e quaranta minuti dopo essere entrato in collisione con un iceberg.
Anche oggi è lunedì 15 aprile: quest'anno i giorni della settimana coincidono con quelli di centododici anni fa, cosa che ha reso la mia lettura ancor più particolare.
Questo di Polidoro è uno dei tantissimi libri (grosso modo un migliaio) scritti sulla tragedia del Titanic e uno dei tanti scritti nel 2012 in occasione del centenario.
Per me si tratta del terzo che leggo dopo "Titanic, la vera storia" (di Walter Lord, letto nel 2018) e "Le luci del Titanic" (di Hugh Brewster, letto nel 2022), ed è il secondo di Polidoro dopo "Enigmi e misteri della storia" che mi aveva delusa perché trattava tanti argomenti senza approfondirne nessuno.
Ed è proprio lo stesso difetto di questo: non lo giudico deludente grazie all'interesse che ho per l'argomento ed è perfetto per chi cerca una lettura scorrevole capace di offrire un quadro generale, ma - per quello che riguarda la costruzione della nave, i giorni di navigazione che precedettero il disastro, l'affondamento e le indagini successive - non c'è paragone con il testo di Brewster.
Quello che rispetto alle opere di Lord e di Brewster ha in più il libro di Polidoro (e per questo sono contenta di averlo letto) è il duplice approccio: ai fatti del 1912 affianca quelli riguardanti la ricerca del relitto, il suo ritrovamento e le successive missioni attorno a esso.
Come succede in tanti thriller, l'autore alterna i diversi piani temporali e la parte migliore è quella più recente, anche perché non sono ancora riuscita a mettere le mani su "Il ritrovamento del Titanic" dove Robert Ballard racconta l'individuazione del relitto e la successiva esplorazione. Libro fuori catalogo che spero sempre di scovare usato da qualche parte. Credo che invece Polidoro lo abbia letto e che si sia ispirato a ciò che descrive per trasmettere a sua volta l'esperienza vissuta dall'oceanografico.
Anche oggi è lunedì 15 aprile: quest'anno i giorni della settimana coincidono con quelli di centododici anni fa, cosa che ha reso la mia lettura ancor più particolare.
Questo di Polidoro è uno dei tantissimi libri (grosso modo un migliaio) scritti sulla tragedia del Titanic e uno dei tanti scritti nel 2012 in occasione del centenario.
Per me si tratta del terzo che leggo dopo "Titanic, la vera storia" (di Walter Lord, letto nel 2018) e "Le luci del Titanic" (di Hugh Brewster, letto nel 2022), ed è il secondo di Polidoro dopo "Enigmi e misteri della storia" che mi aveva delusa perché trattava tanti argomenti senza approfondirne nessuno.
Ed è proprio lo stesso difetto di questo: non lo giudico deludente grazie all'interesse che ho per l'argomento ed è perfetto per chi cerca una lettura scorrevole capace di offrire un quadro generale, ma - per quello che riguarda la costruzione della nave, i giorni di navigazione che precedettero il disastro, l'affondamento e le indagini successive - non c'è paragone con il testo di Brewster.
Né lui né Lord, però, avevano ricordato William Thomas Stead, uno degli artefici del “giornalismo moderno” (cioè quello che ormai è in via di estinzione). Da giornalaia ho trovato interessante dare un nome a chi introdusse i titoli in grande e i sottotitoli, oltre a imporre che gli editoriali - fino a quel momento anonimi - venissero firmati, a lanciare l'uso di illustrazioni, caricature e cartine geografiche per alleggerire le pagine di solo testo, a dare spazio alla critica letteraria e teatrale e a lanciare le interviste. Praticamente è stato lui a creare i quotidiani per come li conosciamo. Ma, soprattutto, fu autore di campagne di denuncia, ad esempio quella contro la prostituzione infantile che gli costò tre mesi di carcere, ma che portò alla creazione di una legge più severa contro gli abusi su donne e minori. In un racconto pubblicato nel 1886 descrisse l'impatto fra una nave e un battello a vapore con un conseguente elevato numero di vittime. In calce Stead scrisse: "Questo è esattamente quello che potrebbe succedere, e succederà, se i transatlantici verranno spediti in mare a corto di scialuppe."
Fu una delle 1.852 vittime del Titanic. Testimoni raccontarono che cedette il suo giubbotto di salvataggio a un altro passeggero. Finito in mare fu visto aggrapparsi a una zattera per poi sparire per sempre.
Quello che rispetto alle opere di Lord e di Brewster ha in più il libro di Polidoro (e per questo sono contenta di averlo letto) è il duplice approccio: ai fatti del 1912 affianca quelli riguardanti la ricerca del relitto, il suo ritrovamento e le successive missioni attorno a esso.
Come succede in tanti thriller, l'autore alterna i diversi piani temporali e la parte migliore è quella più recente, anche perché non sono ancora riuscita a mettere le mani su "Il ritrovamento del Titanic" dove Robert Ballard racconta l'individuazione del relitto e la successiva esplorazione. Libro fuori catalogo che spero sempre di scovare usato da qualche parte. Credo che invece Polidoro lo abbia letto e che si sia ispirato a ciò che descrive per trasmettere a sua volta l'esperienza vissuta dall'oceanografico.
"Gli era sempre parso incredibile che l’umanità sapesse così tanto sulla superficie della Luna o di Marte e quasi niente sugli abissi del mare. E dire che l’acqua che ricopre il globo terrestre rappresenta il 71 per cento di tutta la sua superficie: quindi dovrebbe essere logico impegnarsi a indagare questa enormità di spazio per lo più inesplorata e sconosciuta.Invece la gente osannava gli astronauti che volavano sempre più lontano verso il cielo e ignorava gli oceanografi che preferivano rivolgere la loro attenzione a ciò che stava in basso. Gli venne anche il dubbio che fosse una questione di retaggi culturali: tendiamo forse ad andare verso l’alto perché i nostri antenati credevano che là fosse il Paradiso, mentre in basso c’era solo l’Inferno?"
E la parte più emozionante del libro di Polidoro è proprio quella in cui descrive lo stato d'animo di Ballard quando il relitto finalmente apparve sui monitor di ricerca."Era l’1.05 del mattino del 1 settembre 1985 e un mistero durato settantatré anni cominciava a svelare i suoi segreti: il Titanic non era più una nave dispersa."
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