Madrid, estate 1986. Quella dei Belitre all'apparenza sembrerebbe una famiglia normale, giusto un po' numerosa: una madre, un padre e sei figli maschi di età compresa fra i 9 e i 28 anni, tutti raccolti sotto allo stesso tetto. Tetto che per fortuna è diventato improvvisamente più spazioso: infatti li incontriamo all'inizio dell'estate durante il trasloco da un appartamento di periferia a una insperata palazzina di due piani, con tanto di giardino e solaio mansardato, nel pieno centro della capitale, ereditata dalla nonna paterna che da 17 anni non ha più voglia di alzarsi dal proprio letto - figurarsi di cambiare casa! - e che quindi l'ha ceduta volentieri a figlio, nuora e nipoti.
Ma i Belitre sono una famiglia di squilibrati, nonni compresi.
La memoria è il mio più grande vanto e ricordo sempre se un libro è entrato nella mia wish list dopo averlo visto fra le novità di IBS o dopo averne letto o ascoltato una buona recensione e in questo caso ricordo bene dove o da chi. Ma questa volta no, quindi penso che sia stato uno di quegli acquisti scelti quasi a caso sul sito del Libraccio (il libro viene da lì) che mi capita di fare quando mi mancano due o tre euro per arrivare alle spese di spedizione gratuite. Se è andata così, è stata una scelta fortunata, altrimenti mi spiace non ricordare chi dovrei ringraziare per il suggerimento.
David Trueba è un regista, sceneggiatore e scrittore spagnolo mio coetaneo (quindi classe '69) e questo è stato il suo primo romanzo, risalente al 1995. Ne ha scritto altri sei, di cui quattro già tradotti in italiano (mancano gli ultimi due, del 2019 e 2021, speriamo bene...) che voglio senz'altro leggere.
"Aperto tutta la notte" non è un capolavoro letterario, ma l'ho adorato, più per lo stile che per le storie che racconta (quella generale e quelle individuali) ed è riuscito a farmi ridere di cuore in più occasioni perché racconta un certo tipo di situazioni per me esilaranti, ad esempio le imprese di nonno (poeta) Abelardo che, sulla spinta della sua esaltata devozione a Dio con cui crede di poter parlare, colpisce senza riguardi cose o persone per lui disturbanti con il suo bastone da passeggio oppure la fantastica nonna Alma, dal passato libertino, sboccata e grande fumatrice di pipa.
Le pagine sono solo 222 a causa dello stramaledetto font usato da Feltrinelli per i libri di questa collana, che non ha alcun rispetto per le talpe come me, e sono divise in 21 capitoli, ognuno dei quali ospita (quasi sempre) tutti i personaggi: mi è piaciuto moltissimo il modo in cui Trueba passa da una situazione a un'altra riuscendo a dare un'incredibile sensazione di dinamismo.
Di ogni personaggio ne tratteggia la personalità e attraverso un narratore esterno (un amico di uno dei ragazzi Belitre) racconta di loro i fatti funzionali all'estate in cui si svolge tutto il romanzo.
E di positivo succede ben poco: sembra di leggere un testo umoristico per com'è stato scritto, ma scremando i fatti da ironia e comicità emergono svariati drammi, più o meno gravi, dalla crisi di mezza età che colpisce il padre ("Come si può pretendere che qualcuno sia felice il giorno del suo cinquantesimo compleanno? Si può forse esigere un simile esercizio di cinismo?") alla serietà di malattie complesse (la sindrome di Latimer di cui è affetto uno dei figli), dalla violenza sulle donne al bullismo, passando per rimedi paradossali quanto tragici e arrivando a un finale inaspettato, che stronca di botto l'allegria lasciando del libro un (bel) ricordo dolce amaro: un finale da gran sceneggiatore.
"Casa: l'unico posto aperto tutta la notte"
Ambrose Bierce ("Dizionario del diavolo")
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