"Come sola scusante del fatto che vado a toccare la sensibilità di chi legge, posso ricordare che un meccanismo simile alla ghigliottina si usa per trinciare i sigari toscani e forse anche in certe pratiche di macellazione di animali che ogni giorno giungono perfettamente decapitati sulle tavole di milioni di carnivori umani. Ciò non sminuisce ovviamente la pietà verso l'uomo, ma mi induce a rimarcare che la pietas tende ancora troppo a seguire una sola direzione.
E chi ha orrore della ghigliottina dovrebbe anche smettere di mangiare il pollo"
Fra me e me mi stavo già lamentando per lo stile antiquato, quando Castronuovo con questo inaspettato passaggio della prefazione si è guadagnato tutta la mia stima.
Il saggio è stato scritto nel 2006 (ma io ho comprato l'edizione di Stampa Alternativa, collana Fiabesca, pubblicato tre anni dopo nel delizioso formato 17 x 12, carta di qualità e bellissimo font: mi piacerebbe leggere altri titoli di questa collana) e a detta dello stesso autore, "si può leggere come storia di un
aspetto della pena di morte, come un modo di ripercorrere la Rivoluzione
francese o come un saggio antropologico su un'epoca". Vero.
E' un testo completo e davvero molto interessante. Inizia descrivendo dettagliatamente il macchinario e la procedura, spiegando che si arrivò a sentire il bisogno di un mezzo diverso dai precedenti in seguito ai non pochi casi di errori/orrori avvenuti, ad esempio quello del conte di Chalais a cui venne staccata la testa solo dopo ben ventinove colpi di spada!
All'epoca non veniva nemmeno presa in considerazione l'idea di abolire la pena capitale e la decapitazione era un privilegio riservato all'aristocrazia. Per il popolo c'era la forca. E fino al 1787, quando Luigi XVI abolì la tortura, in caso di crimini enormi si finiva alla ruota, per i peccati mortali dello spirito sul rogo e i colpevoli di lesa maestà venivano squartati.
"La
ghigliottina era la risposta alla richiesta di umanizzazione e
uniformazione della pena, sopprimendo torture e supplizi e abolendo il
privilegio nobiliare della spada."
Castronuovo ripercorre i passi della ghigliottina nella storia e nella letteratura (interessantissime le parti che rimandano a Cesare Beccaria e al suo "Dei delitti e delle pene", probabilmente la lettura che mi aveva più appassionata ai tempi della scuola), ricordando quanto scritto da Victor Hugo:
"Si
può nutrire una certa indifferenza sulla pena di morte, non
pronunciarsi affatto, dire sì o no, fintanto che non si è vista coi
propri occhi una ghigliottina"
Spiega molto bene le dinamiche che portarono alla Rivoluzione francese, rivoluzione a cui tutti dobbiamo molto: "Ha
demolito l'ancien régime, ha eliminato i
diritti (e i vantaggi) feudali, ha fondato la Repubblica, ha gettato le
basi del suffragio universale e del parlamentarismo".
E altrettanto bene descrive il Regime del Terrore di Robespierre e quello che avvenne dopo la sua morte.
La ghigliottina, frutto e simbolo della Rivoluzione, venne proposta dal dottor Joseph-Ignace Guillotin (da qui, suo malgrado, il nome), progettata dal chirurgo Antoine Louis e fabbricata dell'Artigiano tedesco di clavicembali Tobias Schmidt.
Entrata in funzione nel 1792 venne mantenuta per ben 185 anni: il primo uomo a essere ghigliottinato fu Nicolas-Jacques Pelletier, a Parigi il 25 aprile 1792. L'ultimo Hamida Djandoubi a Marsiglia il 10 settembre 1977: praticamente ieri!
Mi fa molta impressione questa data così vicina e ancora di più sapere che fra il 1950 e il 1977 la Francia ha ghigliottinato ben ottanta persone.
Del resto - se in Italia la pena di morte venne abolita nel 1889, poi reintrodotta dai fascisti e quindi abolita definitivamente nel 1948 - la Francia ci è arrivata solo nel 2007, quando Chirac fece inserire l'abolizione nella Costituzione francese (ma nel 1981 Mitterand aveva promulgato un decreto che trasformava le sentenze capitali in ergastolo), ultimo Paese europeo ad averla abolita.
E del saggio di Castronuovo ho apprezzato moltissimo l'approfondimento storico: dato l'argomento sarebbe stato facile (e comodo) rimestare negli aspetti più macabri, ma pur descrivendo la procedura dal prelevamento in cella del condannato alla decapitazione, ha saputo farlo in modo misurato e intelligente.
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