domenica 29 ottobre 2023

"Tabula rasa", Danila Comastri Montanari

 

Alessandria d'Egitto, attorno alla metà del I secolo d.C.
La città non è soltanto la seconda dell'Impero per numero di abitanti: in molti sostengono che sia anche la più bella del mondo, affermazione con cui il senatore Publio Aurelio Stazio - mandato in questa terra di confine fra Oriente e Occidente da Claudio, con tanto di sigillo imperiale che gli permetterà di prendere decisioni in sua vece - non potrà mai essere d'accordo.
Di Roma gli manca tutto, le strade, il clima, i panorami, la sua casa, l'amica Pomponia, le sue abitudini...
Ma Roma dipende dall'Egitto per il suo fabbisogno di grano e pare che le future spedizioni siano a rischio. Inoltre deve scoprire chi è la spia che da Alessandria informa i Parti sulle strategie e le armi da battaglia romane. E, già che si trova lì, deve anche assicurarsi che i lavori di costruzione della darsena sul Nilo procedano, in modo che le feluche possano attraccarvi.
Ed è scavando che gli schiavi rinvengono il cadavere di una giovane donna, morta da non più di tre o quattro giorni. Mentre devono essere passati circa dieci anni da quando qualcuno ha sepolto poco distante un'altra donna, della quale viene rinvenuto soltanto lo scheletro.
Un cold case e un delitto recente: sufficienti a distrarre dalla nostalgia di Roma il grande investigatore dilettante.

"Quando dici Alessandria, intendi soltanto una città.
Quando dici Egitto, intendi soltanto una regione geografica.
Quando dici Grecia, intendi soltanto una civiltà.
Ma quando dici Roma, intendi il mondo intero!
"

Il diciassettesimo libro della serie, quello ambientato più lontano dalla capitale dell'Impero, trasuda dell'orgoglio romano di Publio Aurelio e, se è vero che emerge nei punti in cui si trova a ribattere all'analoga tracotanza di Greci, Egizi e Parti, è comunque eccessivo in quello che dovrebbe essere principalmente un giallo storico.

Scritto nel 2011, è il capitolo meno riuscito della serie: una serie di venti titoli e non c'è speranza di un proseguimento perché Danila Comastri Montanari ci ha lasciati il 28 luglio di quest'anno.

Rispetto agli altri romanzi, ho patito l'eccesso di avvenimenti e di personaggi, i troppi intrecci che si creano. Manca la fluidità tipica della penna della Comastri Montanari e i resoconti storici - sempre graditi, ma qui troppo frequenti - aiutano a comprendere meglio il contesto a chi, come me, non ha studiato Storia Antica, ma distolgono ulteriormente dalle vicende già di per sé non chiarissime.
Tutto ciò porta anche a intuizioni di Publio Aurelio non sempre logiche e per lo più fortuite.

Mi spiace dirlo, ma se avessi letto per primo questo libro non avrei avuto voglia di recuperare gli altri. Una serie che, invece, ho amato molto e per questo mi dispiace averne soltanto altri tre da leggere.

"Pensò all’anfiteatro, ai montacarichi che tra le grida degli spalti vomitavano sulla sabbia le belve sottratte ai fiumi, ai boschi, alle radure sterminate dei luoghi selvaggi oltre il Mare Nostrum. Pensò al ruggito delle leonesse, feroci per un giorno solo, quello in cui erano votate al massacro sotto le lame dei gladiatori. Pensò agli occhi fieri della splendida tigre che aveva visto cadere nell’arena, quando si erano spalancati avvertendo il colpo fatale, quasi cercando con l’ultimo sguardo le fronde di una foresta lontana."

P.S.: ogni animale rinchiuso in uno zoo, in un acquario o nella gabbia di un circo sogna il suo habitat naturale, anche quelli nati in cattività.
Pensateci prima di foraggiare questi sfruttamenti. Se moriamo senza aver mai visto una giraffa o un pinguino dal vivo non succede né cambia nulla. Per noi, ma per loro sì.

Reading Challenge 2023, traccia annuale di agosto: un libro con un nome proprio con la "O" nel testo (Ottaviano)