venerdì 13 ottobre 2023

"Primo", Maria Masella


Genova, novembre di un anno non precisato alla fine del secolo scorso. Antonio Mariani, commissario fresco di nomina, è stato subito assegnato a Genova, la sua città natale, e deve occuparsi del suo primo caso di omicidio: il corpo di Pietro Gambaro, 75 anni, stimato chirurgo in pensione, è stato ritrovato dai netturbini in un fetido antro sotto agli archivolti della ferrovia a Sampierdarena, ucciso con una sprangata alla testa. Una rapina finita male? Effettivamente manca il portafoglio, ma Mariani vuole andare a fondo della questione perché lui quell'uomo lo conosceva fin da quando era bambino, ma come Primo, il suo nome da partigiano.

"A Genova il vento non manca mai. Un vero genovese non guarda il cielo, che dice poco, ma annusa il vento...
Forse l’abbiamo nel sangue da quando per mare si andava a vela.
Ma c’è una zona di Genova in cui c’è ancora più vento.
San Pier del vento: Sampierdarena."

Maria Masella è genovese e credo che tutti i romanzi della lunga serie che ha come protagonista il commissario Mariani (al momento ben 25 titoli) siano ambientati qui, ma ritrovare proprio il mio quartiere, nonché l'ospedale dove sono nata e il corso dove ho vissuto dalla nascita fino ai 28 anni, è stato piacevole, confortante e anche commovente.
E lo posso confermare: "Chi e è nato a Sampierdarena il vento ce l’ha nel DNA"!

"Primo", pubblicato nel 2008, cronologicamente è l'ottavo titolo della serie che si apre con "Morte a domicilio". Lo avevo letto a maggio, scoprendo poi che "Primo" è il prequel e, siccome li detesto, anche con la Masella ho fatto come con la Marson e il suo "Il primo cadavere": ho preferito leggerlo subito.

Qui troviamo un Mariani ancora professionalmente acerbo e anche piuttosto immaturo a livello personale. Purtroppo la Masella non ama numeri e date come me: non fornisce una datazione precisa alle sue storie, né dichiara l'età dei personaggi. Nel prequel viene anche raccontato il primo incontro e l'inizio del legame fra Mariani e Francesca, con cui in "Morte a domicilio" è sposato da sette anni, e se là eravamo all'inizio del duemila, qui siamo alla fine del vecchio millennio, ci sono ancora le lire, gli elenchi del telefono, le videocassette e in pochi hanno già un cellulare.

La storia è piuttosto intricata: all'inizio della seconda metà ho temuto che il meccanismo si basasse su coincidenze e tempistiche inverosimili, ma la sensazione fastidiosa è durata giusto un paio di capitoli perché poi sono emersi in rapida successione i vari collegamenti, fino a una risoluzione del caso logica e precisa, dove tutto assume un senso e un perché.

Sorvolando sul fastidio che mi danno le inutili frasi ad effetto - come "nel cielo così limpido da annegarci dentro" o "nessuno è perfetto e le lucenti armature sono solo nei libri di favole" - quello che si legge va un poco oltre al bel gialletto che ci si aspetta dai Fratelli Frilli, non fosse altro che per i rimandi alla Lotta Partigiana: gran parte della commozione a cui ho accennato deriva dall'aver trovato il circolo ANPI frequentato da mio nonno.

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