Dodicesimo romanzo della saga con protagonista il senatore romano Publio Aurelio Stazio, pubblicato nel 2004 (sono decisamente in arretrato) in concomitanza con le Olimpiadi di Atene di quell'anno.
Fra tutti è quello che mi è piaciuto meno. Come punti a favore ho ritrovato la consueta precisione storica, le accurate descrizioni e la piacevole ironia del protagonista e del suo segretario.
Anche la trama gialla è interessante: la storia si svolge a Olympia nel 41 dopo Cristo. Durante i giochi si verificano alcuni omicidi, un tifoso, poi due atleti e un terzo che sembra essere scomparso.
Sullo sfondo un altro intrigo, il massacro di una famiglia risalente a cinque anni prima.
In più gli enormi interessi legati alla possibile costruzione dello stretto di Corinto.
Tanta carne sul fuoco, ma non troppa, come sempre l'autrice è stata brava a lasciare il dubbio sul vero assassino fino al termine, sistemando poi tutte le tessere del puzzle.
Però mi ha dato l'impressione di un libro scritto in fretta: forse per l'obbligo di pubblicare proprio in quell'anno?
E ho trovato troppi parallelismi con l'attualità. Nei romanzi della Comastri Montanari non mancano mai i confronti fra le righe, ma questa volta ha esagerato: l'abitudine alle false promesse in campagna elettorale da parte dei politici, la violenza familiare sulle donne, il doping nello sport, l'opportunismo, la corruzione, ecc, ecc, ecc...
L'esagerazione fa presto a diventare forzatura.
Inoltre, a differenza dei romanzi precedenti, stavolta mi ha dato l'impressione che il confronto sottintendesse un "eh, ma è sempre stato così", punto di vista per me inaccettabile!
Ma spero di sbagliare, ho ancora da leggere altri sei libri della saga, più quelli che scriverà in futuro...
Reading Challenge 2017: questo testo risponde al requisito "un libro con la copertina rossa".