martedì 3 luglio 2018

"L'ultimo giorno di sole", Giorgio Faletti


Un astronomo tedesco ha previsto la fine del mondo quando il sole, in un giorno e a un'ora precisi, emetterà una quantità mai vista di materia solare. Prima viene deriso, ma gli animali in fuga spingono altri scienziati a riprendere i suoi calcoli per poi dargli ragione. Per cui anche gli uomini scappano nel tentativo di raggiungere un punto che forse verrà risparmiato. 
Ma non tutti lo fanno. In Piemonte, presumibilmente ad Asti, la trentacinquenne Linda Pizzini, non avendo nessuno per cui salvarsi, decide di restare.


Breve romanzo postumo pubblicato lo scorso anno e che, nelle intenzioni di Faletti, avrebbe dovuto essere (e diventerà) un'opera teatrale che lo avrebbe visto per la prima volta nei panni di regista, come spiegato dalla moglie nella prefazione.

Un testo che mi ha creato non poche difficoltà, non perchè complesso, ma perchè tocca due arti lontane da me.

La poesia: ogni capitolo si apre con una poesia e a me la poesia non piace. Ai tempi della scuola mi erano piaciuti solo Foscolo e Montale, ma non abbastanza da farmi venire voglia di leggere poesie per diletto, senza l'obbligo scolastico. In seguito mi è capitato di leggere stralci di poesie scritte da persone comuni, amici o amici di amici, provando sempre un grandissimo imbarazzo, come mi succede con quei comici che non mi fanno ridere, proprio come il Faletti del Drive In: stesso imbarazzo per il Faletti poeta.


E il teatro: mi piacerebbe andarci qualche volta, desiderio che aumenta con l'età, cosa che poi non faccio mai, però se lo facessi sceglierei un altro genere di spettacolo, non un'opera introspettiva come questa.

Un passaggio mi ha colpita in modo particolare:


"Anche qui mi sono chiesta se le donne e gli uomini, preparandosi a partire verso l'ignoto, abbiano capito finalmente la differenza tra quello che è utile e quello che è indispensabile".


"Vittima", come tanti, del consumismo, mi trovo spesso (sempre più spesso) a pentirmi di un acquisto dopo un tot di tempo, però ho sempre ragionato in termini di "utile" e "superfluo". Provando questa volta a fare una distinzione fra "utile" e "indispensabile" di primo acchito ammetto di essermi vergognata nel ritrovare nel secondo elenco forse solo un paio di cose che i miei genitori, figli della seconda guerra mondiale, avrebbero a loro volta citato.
Voglio studiarci ancora un po' su ciò che è davvero indispensabile, può farmi solo del bene!

Reading Challenge 2018: questo testo risponde al requisito "un libro con un sole in copertina" (indizio speciale di luglio).