martedì 20 novembre 2018

"I garbati maneggi delle signorine Devoto. Ovvero, un intrigo a Sestri Ponente", Renzo Bistolfi


Sestri Ponente, quartiere di Genova, estate 1958. Santa, Mariannin e Siria Devoto sono tre anziane sorelle rispettivamente di 77, 80 e 85 anni, e vivono da sempre in una delle otto palazzine costruite dal padre all'inizio del secolo in via Privata Vassallo.
Tutte zitelle (o signorine...), hanno le giornate scandite dal ritmo degli orari delle messe (da devote cattoliche quali sono) e dei pasti (frugali, perchè bisogna mangiare poco per stare bene e meno per stare meglio), attività intervallate dal ricamo, dalla lettura e dalla compagnia di una manciata di amiche residenti nella stessa via. Uno stile di vita anacronistico anche per il '58, ma comunque adatto alla loro età, tranquillo come è bene che sia, finchè non cominciano ad accadere fatti strani che rovinano la quiete di tutti.
Chi è la donna volata dal quarto piano? E cosa sta succedendo all'amica Isolina? Ma, soprattutto, chi sono e cosa vogliono quei "foresti" dei Ferretti?
Le tre signorine sono, sì, anziane, ma proprio per questo sono più acute di certi giovanotti con grandi titoli di studio o con la divisa...

Dopo "Il fantasma della palazzetta", letto il mese scorso, è stato un piacere ritrovare la scrittura placida e scorrevole di Bistolfi in questo romanzo che mi sento di definire un bel noir ironico. Un libro dove le parti descrittive (dei personaggi, degli ambienti, dell'epoca) sembrano essere predominanti rispetto al giallo, di cui a tratti quasi ci si dimentica, per poi rendersi conto che ogni particolare è legato ad esso e che la costruzione è logica e ben fatta.

Davvero una storia garbata, come recita il titolo, che può piacere anche ai non amanti del genere, a cui però avrei aggiunto un piccolo glossario perchè le nove note finali solo poche a confronto dei numerosi termini dialettali buttati qua e là dall'autore (e qui il mio pensiero torna a Camilleri...). Termini che non pregiudicano la comprensione ai "foresti", ma il genovese è una vera e propria lingua, con il suo dizionario, la sua grammatica, ecc... Non basta mozzare le parole per poter dire di parlare in dialetto e se agli stracci (e strasse) o a Caterina (Catainin) ci si può arrivare per intuito, sfido chiunque non lo sappia a capire che "lalla" significa zia o a trovare un equivalente in italiano di "sciachelo", una delle tante nostre parole intraducibili.
E non posso non citare anche la meravigliosa espressione di stanca-cervelli!

Questo libro mi ha fatto sorridere col riferimento a Borzoli come località di villeggiatura e mi ha commosso con la citazione di Castello Raggio, la spiaggia tanto amata da mia madre e costantemente citata da tutti quelli della sua generazione. E mi hanno emozionato le "note dell'autore", fra le più belle che abbia mai letto, dove emerge tutto l'amore di Bistolfi per Genova, ma soprattutto per Sestri.

Un attaccamento che conosco e riconosco: Sestri non è il mio quartiere, lo è Sampierdarena, e sono i due quartieri più grandi, popolosi e importanti di Genova, importanza dovuta al fatto che, con Cornigliano, sono quelli che hanno pagato il prezzo più alto dell'industrializzazione della città.
Questa è una città dove (e credo sia una caratteristica unica), fino al '26, quelli che adesso sono quartieri erano Comuni autonomi. Dove il senso di appartenenza al proprio quartiere/cittadina è ancora così radicato che dopo quasi un secolo diciamo ancora "vado a Genova", non "vado in centro". E dove chi, come me, ha dovuto cambiare zona da più di vent'anni, ci tiene sempre a chiarire le origini, perchè siamo sì tutti genovesi, però io sono di Sanpedaenn-a, specifichiamolo!

Reading Challenge 2017: questo testo risponde al requisito "un libro con un protagonista anziano" (numero 2 indizi difficili)