Isola di Jeju, estate 1943. Hana ha 16 anni ed è una haenyeo come sua madre, come lo è stata sua nonna. Si immergono in profondità per catturare molluschi e crostacei che poi vendono al mercato. Hana quel giorno è ancora in mare quando vede un soldato giapponese avvicinarsi alla riva. Non può rischiare che veda Emiko, la sua sorellina di nove anni nascosta fra gli scogli. Gli va incontro per distrarlo e lui la porta via. Può farlo: nel 1910 l'impero giapponese ha conquistato la Corea. Loro possono fare quello che vogliono.
Seul, 14 dicembre 2011. Emiko ha 77 ed è ancora una haenyeo, ma quel giorno ha raggiunto la capitale per partecipare al "millesimo mercoledì", la millesima manifestazione di protesta con cui i coreani chiedono ai giapponesi di riconoscere i crimini di guerra da loro perpetrati contro le coreane che hanno rapito durante l'occupazione e la seconda guerra mondiale, obbligandole a diventare "donne di conforto" nei postriboli riservati ai soldati dell'impero nipponico.
Sono passati 68 anni da quando Emi ha visto Hana per l'ultima volta, ma è lì per scrutare i volti delle anziane donne presenti nella speranza di riconoscere quello della sorella che si è sacrificata per lei.
Anche questo libro, come "La treccia", era entrato nella mia wish list dopo averne letto i primissimi capitoli inseriti in una copia de "Il libraio", ma questa volta la buona impressione avuta a suo tempo è stata più che confermata.
"Figlie del mare" è uno di quei libri la cui bellezza deriva dalle atrocità che raccontano. Colpisce e lo fa duramente. L'autrice
riesce a farlo pur mantenendo uno stile delicato, garbato, ma quello che
racconta lascia il segno e ferisce.
E proprio per una maggiore
incisività, direi anche per una questione di rispetto verso le vere
Hana, avrei evitato l'ultimo capitolo, perchè se anche questi sono personaggi di fantasia, di Hana ne sono esistite circa duecentomila: ragazze di età compresa fra i 13 e i 19 anni, per lo più coreane (ma non solo, anche cinesi, indonesiane, filippine e taiwanesi) obbligate a diventare prostitute per "confortare" i soldati giapponesi.
Vicende
storiche che non conoscevo. Prima di leggere questo libro sapevo
davvero poco del dominio dell'impero giapponese sulla Corea (e non solo)
e giusto i fatti salienti riguardo alle due Coree. Il libro mi ha
portata a documentarmi scoprendo solo una serie infinita di orrori e
soprusi.
E anche che la questione delle cosiddette "donne di conforto" rappresentate da 38 statue come questa...
...costituisce ancora una frattura fra i due Paesi.
Proprio la scorsa settimana la giustizia coreana ha ordinato al Giappone di risarcire le superstiti. Non è la prima volta e le "comfort women " ancora in vita sono sempre meno: erano 46 nel 2017, 34 nel 2018 e non ho trovato un dato più recente, ma non è certo una questione di soldi. Ammesso che sia davvero possibile ripianare un crimine, un danno, una perdita, con il denaro, quello che avrebbe valore sarebbe ben altro, quell'ammissione di colpa per la quale però serve un onore che evidentemente continua a mancare alle alte cariche giapponesi.
Spregevole quanto assurdo: ce l'hanno fatta perfino i tedeschi, su...