lunedì 25 gennaio 2021

"La casa in fondo al viale", Hollie Overton


Lancaster (Pennsylvania), 11 novembre 2015. Lily Riser ha paura a pensare che possa essere vero, eppure lo è: per la prima volta dopo tremilacentodieci giorni non ha sentito il rumore del chiavistello! Sono otto anni che vive in uno scantinato, ne aveva 16 quando è stata rapita e finalmente per la prima volta le si presenta l'occasione di scappare. Deve solo ignorare la neve e il freddo, correre il più veloce possibile come faceva nelle gare di atletica a scuola. Riconosce i posti, casa sua non è lontana e lì la staranno aspettando: la madre, il padre ed Abby, la sua gemella...

Hollie Overton è una scrittrice televisiva e leggendo che ha lavorato anche per "Cold Case", una delle mie serie preferite, avevo altissime aspettative. Invece si è rivelato uno dei thriller più insulsi che abbia mai letto.

Sfrutta due delle circostanze iper abusate da tanti autori - la ragazza rapita che ritrova libertà e famiglia dopo tanti anni - e i protagonisti gemelli (in questo caso gemelle), ma la mia delusione non deriva dalla sensazione di un qualcosa di già letto: è semplicemente brutto e mal costruito.

La partenza è buona, ma la suspense si esaurisce nei primi tre capitoli. A quel punto la Overton avrebbe potuto renderlo interessante dando alla vicenda una svolta esclusivamente processuale, invece fa accadere cose senza senso sia per un thriller procedurale che per uno psicologico. E la caricatura del personaggio di Abby toglie ogni piacere alla lettura che si trascina con stanchezza. Mi ci sono voluti 12 giorni per leggere queste 285 pagine: non ricordavo quante fossero e quando ho controllato mi sono stupita, mi sembravano il doppio, una lentezza esasperante, un finale che non arrivava mai...

L'ultima parte è stata un vero supplizio. Spesso si ha l'impressione di libri conclusi frettolosamente, come se chi scrive avesse finito le idee o avesse una data di consegna da rispettare. Soprattutto nei thriller capita che dopo più di 400 pagine tutto si esaurisca in un solo capitolo. Invece qui succede il contrario, dopo aver definito la chiusura della parte "gialla" la Overton si dilunga per altri quattro inutili e noiosissimi capitoli che mi hanno portata a scrivere "NO" di fianco al suo nome nella mia wish list (cosa che faccio raramente e praticamente mai dopo un'opera prima).

Ma anche l'editore (Mondadori) merita di essere criticato, principalmente per la sinossi (fuorviante e stilisticamente brutta), ma anche per titolo e copertina, che non hanno nulla a che vedere con la storia.

Il titolo originale è "Baby doll", bambolina, e ha senso perchè era il nomignolo affibbiato a Lily dal suo rapitore. Il titolo italiano non ne ha. L'unico appiglio che ho trovato è in questa frase:

"Lily svoltò l'angolo e vide la casa - la sua casa - alla fine della strada senza uscita"

Ben misera cosa considerando anche che la casa in questione in quel momento ha la sola funzione di rappresentare il porto sicuro verso cui si dirige Lily durante la fuga (ruolo che si esaurisce appena bussa alla porta) e che la casa rispecchia la famiglia, ma come edificio in sè non è importante nella storia.
 
E l'immagine delle due bambine che corrono in un tunnel stringendo i palloncini è ancora più insensata perchè nel libro non ci sono tunnel, non ci sono palloncini e - soprattutto - non ci sono due bambine.

Queste sono le copertine dei libri in inglese che ho trovato:
 
 
La versione spagnola è rimasta fedele all'originale:
 
 
Non capirò mai perchè in Italia certi editori (ma vale anche per i film) abbiano l'arroganza di fare cambiamenti senza mai riuscire ad apportare migliorie, ma dimostrando solo di dare l'incarico a chi il libro non lo ha neppure letto!

Per fortuna (o purtroppo...) i palloncini hanno risposto a una traccia di gennaio della mia Reading Challenge.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia cascata di gennaio (un libro con un palloncino in copertina)