domenica 20 giugno 2021

"Il taccuino delle cose non dette", Clare Pooley

Fulham (Londra), ottobre 2018. Julian Jessop è un anziano pittore (sostiene di avere 79 anni) che ha vissuto una certa dose di celebrità negli anni '70. Fama che gli aveva fruttato amicizie importanti (vere o presunte) e un sostanzioso bottino di avventure extraconiugali. Ma da 15 anni, cioè da quando ha perso la moglie Mary, Julian è un uomo solo. Ed è questo che scrive nel taccuino verde che ha intitolato "Progetto Autenticità" che poi lascia su un tavolino del Monica's Café.

"Fino a che punto conosci le persone che ti circondano? Fino a che punto loro conoscono te? Tutti mentono sulle loro vite. Che cosa succederebbe se invece dicessi la verità?"

E lui la sua verità la scrive in maiuscolo:

"SONO SOLO"

La persona che lo troverà avrà voglia di leggere la storia di Julian, di scrivere la sua e poi di abbandonare il taccuino in un luogo pubblico per far proseguire la catena da qualcun altro?

Ovviamente sì, altrimenti il libro non avrebbe il titolo che ha ^^

Un libro a cui probabilmente avrei dato un valore più profondo se durante la lettura avessi saputo del passato di alcoolista dell'autrice, cosa che racconta nei ringraziamenti finali. Senza questo dettaglio il libro tende a sembrare un'accozzaglia di buoni sentimenti sciorinati per compiacere chi legge e dare un'immagine del genere umano migliore di quanto sia realmente. Sapere, invece, che probabilmente i pensieri di alcuni dei suoi personaggi sono i suoi l'ha resa ai miei occhi meno paracula di quanto mi fosse sembrata.

Certo nel libro ci ha messo di tutto, troppi temi importanti (non solo le dipendenze - da alcool, droga e social -  ma anche omosessualità, difficoltà nei rapporti coniugali e genitoriali, voglia di maternità, ecc, oltre naturalmente quello della solitudine degli anziani) finendo col trattarli tutti superficialmente e inanellando una serie infinita di luoghi comuni, sensazione amplificata dalla stereotipizzazione di tutti i personaggi.

Sembra proprio che la Pooley ci sia messa d'impegno per fare contenti tutti, ad esempio gli ambientalisti e gli animalisti, cercando di ingraziarseli con una breve parentesi - questa, sì, tremendamente ipocrita ("si era sforzata di non pensare all'impatto sul cambiamento climatico e a tutti quei poveri cuccioli di orso polare, separati dalle madri dai banchi di ghiaccio che si sciolgono") - come se fossimo così scemi da non riconoscerne la falsità.
Ma è anche vero che la coerenza della maggior parte delle persone gira come una bandiera quando si tratta di animali e il valore che danno alla loro vita dipende da cosa è rivestito il loro corpo, se di peli (a patto che siano morbidi e possibilmente accarezzabili) o di lische o di altro (come in qusto caso: poveri orsetti polari, ma delle aragoste chi se ne frega...)!

Non è per questo che trovo la collocazione nella narrativa contemporanea esagerata: sono d'accordo con il giudizio della mia amica Sonia, che ha letto il libro alcuni mesi fa ("Niente di trascendentale... si lascia leggere"), ma lo vedrei meglio inquadrato nel genere rosa (anche a causa di frasi tipo: "Una brina leggera splendeva come polvere di fata") perchè alla fine è lì che si va a parare.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla prima traccia annuale, "dieci libri a scelta da leggere entro la fine dell'anno"