sabato 27 dicembre 2025

"Non tutto si dimentica", Wendy Walker

 

Fairview, Connecticut, fine maggio di un anno non precisato. Jenny Kramer aspettava quella serata con tutta la trepidazione che può provare una quindicenne invitata a una festa dal ragazzino che le piace. Mandare giù vodka come se fosse acqua era stata la diretta conseguenza dell'averlo visto fare lo scemo con un'altra. Ritrovarsi a vomitare in bagno era stato l'effetto dell'alcool ingurgitato. Correre piangendo fuori dalla villa era stata la via di fuga più semplice per sottrarsi alle risate delle bulle della scuola.
Finire con l'essere brutalmente stuprata nel bosco sul retro della casa, invece, trascendeva da ogni possibile relazione fra causa ed effetto.
I ricordi di Jenny si interrompono al limitare del bosco perché in ospedale le hanno somministrato una terapia farmacologica capace di farle dimenticare il trauma subito. Trauma che secondo Alan Forrester, lo psichiatra che prende in cura Jenny quando otto mesi dopo lo stupro tenta il suicidio, bisogna recuperare per permettere alla ragazzina di ottenere le risposte di cui ha bisogno.

"Jenny non aveva ricordi dello stupro, ma il terrore vissuto continuava ad aggirarsi nel suo corpo"

Scritto nel 2016, non è il romanzo di esordio di Wendy Walker, autrice statunitense, nonché avvocato, specializzata in diritto della famiglia: ne ha scritto altri due, nel 2008 e nel 2009, questo è
 semplicemente il primo a essere stato tradotto in italiano (e dopo hanno tradotto i due successivi e basta, ignorando i quattro scritti fra il 2020 e il 2025).

La sinossi dice anche che Jenny non sa dello stupro, altra cosa non vera: sa cosa le è successo, ma non ne ha ricordo. La trama del libro, naturalmente, ruota attorno alla ricostruzione dei fatti accaduti quella sera, ma lo fa in modo inusuale attraverso la voce narrante, il dottor Forrester, lo psichiatra non solo di Jenny, ma anche dei suoi genitori che affrontano e reagiscono allo stupro in modo molto diverso.

La professione di Forrester genera approfondimenti su neuroni, cellule cerebrali, sinapsi, terapie, eccetera, eccessivi per un thriller che, per quanto psicologico, non è certo un saggio.

Un personaggio, questo Forrester, odioso nella sua ridondanza, che non esita a definirsi geniale sentendosi superiore intellettualmente alla moglie, al figlio, al detective che segue il caso, a chiunque.

Attraverso lui la Walker usa un 
meccanismo narrativo in principio accattivante, ma che diventa presto esasperante: butta lì un dettaglio sulla vicenda, di solito un qualcosa di importante che può essere la rivelazione di un tassello o una svolta nelle indagini, e poi passa a infinite digressioni che riguardano lo psichiatra e non il caso (come ha conosciuto la moglie, perché presta servizio di volontariato in un carcere, eccetera), con molteplici "vi ho già parlato" o "spiegato" o "detto" o "raccontato" o "accennato" che portano a inutili ripetizioni, ma è proprio il modo di raccontare a rendere il libro particolare e immagino fosse quello che l'autrice voleva ottenere. A me non ha convinta perché gli aspetti fastidiosi offuscano la storia.

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