giovedì 10 settembre 2020

"Gli anni della leggerezza", Elizabeth Jane Howard


Sussex (Inghilterra), estate 1937. I Cazalet, ricchi mercanti di legname, vivono a Londra, ma ogni anno in occasione delle vacanze estive, natalizie e pasquali si riuniscono a Home Place, la grande casa di campagna della famiglia. Abbiamo “il generale” William e sua moglie Kitty, “la duchessa”: ormai anziani, ma sempre attivi, lui ad apportare continue modifiche alle sue proprietà, lei a dirigere la casa nel benessere condizionato dalle rigide regole vittoriane in cui ancora crede. L’unica figlia femmina, Rachel: 38 anni e nubile (ma non sola). I tre figli maschi: Hugh, Edward e Rupert. Le rispettive mogli: Sybil, Villy e Zoe. I tanti figli delle tre coppie: otto in tutto. E poi le anziane due sorelle di Kitty e quella di Villy, con relativa famiglia. E i domestici: dalle governanti alle cameriere, dalle bambinaie all’istitutrice, dal giardiniere allo stalliere all’autista. E non mancano nemmeno due gatti domestici...
Un vero e proprio microcosmo, tanti personaggi, ognuno con i propri sentimenti, il proprio ruolo, i propri legami, i propri pensieri e le proprie preoccupazioni, delle quali una è comune a tutti: lo spettro del possibile scoppio di un’altra guerra. 
 
Ho affrontato questa lettura con qualche esitazione perché un’amica me ne aveva parlato come di un romanzo lunghissimo e noiosissimo: con le sue 606 pagine lungo lo è senz’altro, ma noioso neanche un po’! Ormai mi è chiaro che, pur continuando a ritenermi un’appassionata di thriller, è nella narrativa contemporanea che trovo titoli capaci di darmi piena soddisfazione. E di amare particolarmente i romanzi corali come questo. 
 
La Howard, con uno stile meraviglioso, elegante, fluente ed estremamente descrittivo (cosa criticata da tanti, ma che invece per me rende ancora più bello il libro) – oltre a caratterizzare alla perfezione ogni suo personaggio, compresi quelli minori che appaiono anche solo in un paio di pagine – grazie alla continua alternanza fra loro ci fornisce almeno due punti di vista differenti su ogni episodio narrato, importante o meno. E’ così che scopriamo pregi, mancanze, debolezze e colpe di ognuno. E c’è tanto da scoprire perché siamo negli anni ‘40, epoca in cui etichetta, ceto, età e genere sessuale a seconda dei casi fornivano libertà o comportavano obblighi che venivano accettati senza neppure prendere in considerazione un’alternativa. 
 
E l’autrice inserisce nella storia carichi non da poco: molestie, violenze, infedeltà, omosessualità, bullismo. E, naturalmente, la famiglia. Con i Cazalet abbiamo ogni genere di legame: fra coniugi, fra genitori e figli adulti, fra genitori e figli bambini e adolescenti, fra fratelli e sorelle, fra nonni e nipoti, fra zii e nipoti, fra cugini. C’è chi nasce, chi cresce, chi invecchia... 
 
E attraverso le loro vicende ci racconta l’Inghilterra e l’Europa di quegli anni, cosa che mi ha piacevolmente ricordato la saga de “L’amica geniale" della Ferrante. 
 
Sono passati meno di vent’anni dalla Grande Guerra: Hugh ed Edward vi hanno combattuto, il primo riportando profonde ferite fisiche e interiori. Nelle due estati raccontate nel libro si passa dal sottovalutare Hitler (“un omarino isterico”) nel ‘37 al prepararsi al peggio facendo incetta di maschere antigas nel ‘38. 
 
I Cazalet ancora non sanno che ci sarà un’altra guerra mondiale e che sarà ancora più lunga della prima. La vivrò con loro, felice di poterli ritrovare negli altri quattro volumi.
 
Reading Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia a cascata di annuale "una saga composta da cinque libri"