Buenos Aires, quartiere
Flores, un 31 dicembre della seconda metà degli anni ‘80. Avrebbe
dovuto essere la data della consegna delle chiavi a chi
- un anno
prima - ha acquistato un piano di quello
che diventerà uno dei tanti lussuosi condomini della capitale, ma il
caseggiato è ancora uno scheletro di cemento, cosa che non dispiace
a nessuno. Non
ai ricchi compratori (che potranno rimandare il saldo dell’immobile),
non ai costruttori (che potranno aggiungere costi), non agli operai
(che vedranno prolungato il periodo di lavoro), non al capocantiere
cileno (che potrà continuare a vivere abusivamente all’interno del cantiere
con la sua famiglia). E non agli irriverenti fantasmi che fluttuano
attraverso pareti e soffitti in costruzione sghignazzando senza
riguardo.
Non
è mai buon segno quando leggendo un libro mi trovo più volte a
pensare: “Questo piacerebbe a Chiara”. Perchè riesco benissimo a
immaginare la mia amica alle prese con una lettura così astrusa, un
genere che proprio non si adatta al mio bisogno di coerenza e di
linearità.
E
così, a quasi un anno di distanza
dal mio primo approccio ad Aira (“Il mago”), adesso
mi chiedo se riuscirò mai ad affrontarlo per la terza volta: non
sono masochista, è solo che ho già preso “Come diventai monaca”,
cioè il titolo che mi aveva fatto scoprire questo autore.
Autore
che è senza dubbio un grande “inventore di storie”, come viene
definito nell’interessante nota dell’editore, e sono d’accordo
anche con tutti gli altri aggettivi che gli vengono attribuiti:
surrealista, dadaista, sperimentale, postmoderno, onirico,
d’avanguardia… Caratteristiche da cui scappo sempre spaventata,
come il leprotto citato in questo romanzo.
Ma non posso negare i miei
limiti: sicura che - come per “Il mago”- il libro nascondesse un
messaggio specifico, ho fatto una ricerca in rete trovando dotti
riferimenti a un simbolismo che io proprio non ho colto e che vede
l’immagine del cantiere come una proiezione della letteratura e,
per estensione, l’autore come artigiano e
i lettori come fantasmi.
Io,
al solito, avevo colto spunti di tutt’altro genere: la
contrapposizione fra i ricchissimi compratori e i poverissimi
muratori, fra argentini (inconsapevoli della profonda crisi economica
che li colpirà dieci anni dopo) e immigrati cileni, senza
però riuscire effettivamente a trovare un senso per questi
irriverenti e buffi fantasmi che diventano via via sempre più
determinanti portando a un finale che, se anche prevedibile, è
teatralmente atroce.
Reading Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia annuale "sei libri ambientati in sei capitali diverse"