martedì 20 aprile 2021

"Phobia", Wulf Dorn


Londra, notte fra il 3 e il 4 dicembre, giorni nostri. Harvey Bridgewater ha sei anni e viene svegliato da un rumore. La mamma, Sarah, scende solo per poter tranquillizzare il figlio: sono soli, suo marito Stephen è in viaggio di lavoro, la casa - che lui stesso ha costruito - è grande, bella e sicura, dotata di un valido sistema d'allarme, ma da quando Harvey ha sognato un grosso cane nero che si aggirava nella loro cucina è diventato molto timoroso, meglio scendere per rassicurarlo.
Non sa che quel momento rappresenterà l'inizio di un incubo reale: in cucina c'è un uomo, ha il volto sfigurato dalle cicatrici, indossa gli abiti di Stephen e si comporta e parla con Sarah come se fosse suo marito. La situazione è così paradossalmente tranquilla che Sarah riesce a salire in camera, nascondere il suo bambino, calarsi dalla finestra raggiungendo l'abitazione dei vicini e da lì chiamare la polizia. Ma quando arrivano le volanti l'uomo è scomparso e l'investigatore minimizza, teorizzando un allontanamento volontario del marito di Sarah e intuendo in lei un disagio di tipo nervoso.
Sarah ha un'unica possibilità per riuscire a capire cosa sia successo a Stephen: chiedere aiuto a Mark, psichiatra e suo amico d'infanzia, appena arrivato a Londra per assistere a un funerale.

Che Mark Behrendt fosse il protagonista de "La psichiatra", primo romanzo di Dorn, da me letto nel 2015, proprio non lo ricordavo e l'ho scoperto solo dalla postfazione alla fine del libro.
Poco male, il ruolo di aiutante che ha Mark in "Phobia" avrebbe potuto svolgerlo chiunque. Più che per l'aiuto dato a Sarah, è servito all'autore per inserire un'altra storia all'interno di quella portante.

Quest'ultima mi è abbastanza piaciuta: decisamente troppo moralaggiante per i miei gusti, ma comunque una vicenda gialla di cui, tassello dopo tassello, si scoprono cause e passaggi, fino ad arrivare alla conclusione.

Lo spin off relativo a Mark, invece, l'ho apprezzato solo in parte: bene raccontare gli sviluppi della sua vita ai lettori più attenti di me che ancora si ricordavano di lui dal primo libro, male (nel senso di superfluo) il finale aperto che lo riguarda. Perchè non li amo, meno che mai quando sto per abbandonare un autore.

Così, finito il libro, ho letto le trame dei successivi tre romanzi scritti da Dorn per vedere se compariva il nome di Mark: non c'è, ma questo non vuol dire nulla perchè non viene citato nemmeno nella sinossi de "La psichiatra". Allora ho pensato di leggere le recensioni dei tre romanzi su Amazon e IBS per vedere se qualche utente ne parlava, ma poi mi sono fermata rendendomi conto che, se anche Dorn ha dato un seguito al suo personaggio, non mi interessa sapere cosa gli succederà.

Quindi con "Phobia" saluto definitivamente Wulf Dorn, nonostante questo libro non sia certo peggiore degli altri, anzi, dei cinque che ho letto è sicuramente quello con lo stile migliore, con una forma più matura, tanto da avermi dato l'impressione che fosse stato scritto da un'altra persona, ma per rispetto alla mia età preferisco investire il mio tempo su autori maggiormente in linea con il mio gusto e meno sopravvalutati.

Un passaggio del libro mi ha fatto sorridere, quando Dorn porta Sarah (editor di professione) a pensare:

"Era come uno di quei sogni nel sogno che ogni tanto le capitava di leggere in qualche manoscritto e che ogni volta sottolineava aggiungendo il commento: non credibile"

Ma Dorn davvero non immagina quanti "non credibile" andrebbero apposti sui suoi romanzi?

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia compleanno di aprile (l'autore  è nat0 il 20 aprile 1969)