1697: è l'anno in cui la Spagna cede alla Francia l'attuale Repubblica di Haiti, la parte più occidentale dell'isola Hispaniola. Francesi e spagnoli erano i colonizzatori, i padroni, e in meno di cinquant'anni erano riusciti a sterminare gli abitanti dell'isola, un dettaglio per loro irrilevante avendo a disposizione un intero continente da saccheggiare per procurarsi tutti gli schiavi di cui avevano bisogno.
Zarité (Tété) Sadella è una bambina di origini guineane quando il francese Toulouse Valmorain, proprietario di una delle più floride piantagioni dell'isola, la compra come schiava per la moglie, la spagnola Eugenia Garcia del Solar. Ne ha 11 quando la violenta. E ne ha 40 quando ci racconta la sua storia.
Scritto nel 2009, è l'ennesimo capolavoro in cui l'autrice attraverso la storia dei suoi personaggi racconta la Storia. Non soltanto quella di Haiti, perchè alla prima parte ambientata nell'isola negli anni che vanno dal 1770 al 1793, segue la seconda che riguarda gli anni (1793-1810) in cui padrone e schiava si trasferiscono in Louisiana. Sullo sfondo abbiamo anche la storia della Francia, da Luigi XVI e Maria Antonietta a Napoleone Bonaparte, passando ovviamente attraverso la rivoluzione.
Ai tanti capitoli scritti in terza persona si alternano i pochi in cui è Tété a raccontare. Le azioni e i punti di vista dei bianchi sono tali da avermi fatto vergognare di esserlo. I secoli trascorsi non bastano a ripulirci dalle colpe dei nostri avi, di tutto il male che abbiamo fatto a ogni latitudine e longitudine, trucidando popolazioni, schiavizzandole, spostandole come se non fossero persone, ma oggetti finiti sulla Terra con l'unico scopo di dare beneficio a noi.
Non potremo mai pareggiare il debito che abbiamo contratto.
La Allende racconta il razzismo dell'epoca basato sull'ignoranza dei bianchi, convinti che i neri appartenessero a una specie diversa.
"Aveva sentito dire che i neri soffrono meno e prova ne era che nessun bianco avrebbe retto quello che loro sopportavano e, così come si tolgono i cuccioli alle cagne o i vitelli alle vacche, si potevano separare le schiave dai loro figli; dopo poco tempo si riprendevano dalla perdita e in seguito nemmeno se ne ricordavano"
E dà voce ai pochi che già allora erano consapevoli della disumanità intrinseca al sistema schiavista.
"Le concedo che in un aspetto la razza bianca è superiore: siamo più aggressivi e avidi. Ciò spiega il nostro potere e l’estensione dei nostri imperi"
Descrive un'epoca in cui "si partiva dal presupposto che chi non abusava del potere non meritava di averlo", un concetto mai del tutto superato.
Racconta la storia dell'isola, dal leader haitiano Makandal, che per primo combatté gli schiavisti finendo con l'essere bruciato vivo dai colonialisti nel 1758, all'ex schiavo Toussaint che quarant'anni dopo guidò la rivolta degli schiavi che in seguito portò alla nascita della prima repubblica indipendente di neri, Haiti.
Meravigliosa nel non fare sconti alle religioni ("Il vudù non aveva nulla di terrificante, era un insieme di credenze e rituali come quelli di qualsiasi altra religione, compresa quella cattolica, molto necessario perché dava senso alla miserabile esistenza degli schiavi"), anche con la sua intelligente ironia ("Madame Delphine mi faceva pregare la Vergine Maria, una dea che non balla, piange solamente, perché avevano ucciso suo figlio e perché non aveva conosciuto mai il piacere di stare con un uomo").
Ma soprattutto crea Tété, una protagonista a cui è impossibile non affezionarsi, che si vorrebbe solo abbracciare chiedendole scusa. Le vicissitudini sue e degli altri personaggi schiavizzati, gli abusi, i soprusi e tutte le ingiustizie patite sono invenzioni reali e il fatto che questo romanzo sia un'opera di fantasia non rende meno atroce ciò che narra.