domenica 28 novembre 2021

"Un lavoro perfetto", Tsumura Kikuko

Giappone, giorni nostri. Della protagonista, voce narrante della storia, ci viene detto ben poco: solo che dopo essersi laureata ha svolto per quattordici anni lo stesso lavoro, un lavoro non precisato  che però le ha causato l'esaurimento nervoso che l'ha portata a licenziarsi. Sappiamo che dopo aver sfruttato al massimo il sussidio di disoccupazione, a 36 anni è dovuta tornare a vivere con i genitori per ridurre al minimo le spese.
Noi la incontriamo quando per lei è arrivato il momento di ributtarsi nel mondo del lavoro e quello che chiede alla signora Masakado dell'agenzia interinale a cui si rivolge non è un lavoro perfetto, ma "un impiego vicino a casa e con mansioni semplici, tipo stare seduta tutto il giorno a controllare l'estrazione del collagene dai cosmetici".
E la signora Masakado riesce ad andarci incredibilmente vicino!

Il titolo originale, "Kono yo ni tayasui Wa nai", che Google mi traduce così: "Questo è un lavoro facile", è molto più veritiero di quello scelto per l'edizione italiana perchè nei cinque macro capitoli del libro seguiamo la protagonista, di cui non ci viene mai detto il nome (uff), impegnata in altrettanti lavori che vanno dall'assurdo al demenziale e che personalmente mi avrebbero portata dritta al suicidio (o all'omicidio), altro che esaurimento...

Oltre a mangiare e bere di continuo (per altro anche cose come del caffè in lattina e una bibita frizzante all'aceto nero...), la vediamo annoiarsi, ma anche appassionarsi, tendendo ad andare oltre a quello che le viene chiesto di fare, ma finendo sempre col mollare e passare ad altro.

Una protagonista che non mi è piaciuta: troppo ansiosa, troppo insicura, troppo pigra. Arriva a sentirsi sotto pressione per nulla e le passa la voglia di lavorare per delle scemenze: il "finale a sorpresa" (è così che viene definito nella sinossi), forse perchè buttato lì senza nessun passo indietro esplicativo, non è bastato a farmi cambiare opinione su di lei. L'ho trovata un insulto per ogni disoccupato.

Mi chiedo se in Giappone sia davvero così facile trovare lavoro, il web mi fornisce solo spiegazioni sui passi che deve fare uno straniero per lavorare lì, ma non è quello che mi interessa. Non credo che esistano lavori come quelli descritti nel libro, ma vorrei sapere se le agenzie di collocamento sono veramente così attive, se una persona possa sul serio provare un lavoro e scartarlo dopo un mese per passare a un altro.

Lavori a tempo determinato, perchè sono quelli che cerca la protagonista, ma per molti già sarebbero una manna. E ho molto da ridire sul quello che, stando sempre alla sinossi, sarebbe il messaggio del libro: "In tutto ciò che si fa c'è qualcosa di magico, di unico e di appagante".

Ma ci credono davvero? Ma che provino ad andarlo a raccontare a quelli che fanno lavori usuranti, umilianti, sfinenti, pericolosi. Ma che provino a farli loro e che poi tornino a dirci se pensano ancora "che dobbiamo solo trovare l'energia per riconoscerne la bellezza" e a spiegarci dove si nasconde la bellezza nel frantumare l'asfalto col martello pneumatico o nel pulire i gabinetti di stazioni e autogrill.

Detesto i libri che hanno la pretesa di trasmettere messaggi positivi irreali. E questo è anche noioso.

Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia sorpresa di novembre