lunedì 4 aprile 2022

"Contro la caccia e il mangiar carne", Lev Tolstoj


Come specifico tutte le volte in cui mi capita di leggere un classico, non li amo: mi pesa lo stile e non mi interessano le tematiche che trattano. Per questioni sociopolitiche la mia ritrosia raggiunge l'apice nei confronti degli autori russi, quindi posso dire che la traccia di aprile "Letteratura russa, leggi un libro di uno di questi autori: Tolstoj, Dostoevskij, Cechov, Puskin, Gogol, Sholokhov, Bulgakov o Turgenev" è stata per me di gran lunga la peggiore fra le tantissime che ho affrontato negli oltre cinque anni di Reading Challenge.

Siccome partecipare alla Challenge non significa essere obbligati a soddisfare ogni traccia, questa l'avrei sicuramente saltata se mio marito non mi avesse messo davanti questo librino di Tolstoj.

Delle 93 pagine la parte più sostanziosa è la prima, "Il primo gradino" pubblicato nel 1892, a cui segue "Contro la caccia" (1895). In fondo sono riportati una lettera scritta da Tolstoj a Elena Andreevna Telesova nel 1899, alcuni stralci del suo diario risalenti al 1904 e un bel ricordo scritto dalla figlia Tatiana.

Nella prima parte de "Il primo gradino" ho trovato tutta la pesantezza che temevo, sia per il lessico, sia per gli argomenti: un'analisi sulle differenze fra la dottrina cristiana e quella pagana, l'importanza dell'astinenza dai piaceri materiali, considerazioni sulla vita depravata e sulla vita morale, ecc, ecc...

Ero già vicina alla metà quando finalmente è iniziata la parte interessante.

Ignoravo che Tolstoj a un certo punto della sua esistenza fosse diventato vegetariano (come lo furono Pitagora, Plutarco, Socrate, Shopenhauer, Da Vinci, Ippocrate, Einstein, ecc). Qui racconta della visita che fece al macello pubblico di Tula, un'esperienza che dovrebbe avere il coraggio di fare chi la carne la mangia perchè, come scrive Tolstoj, se lo fai "bisogna anche vedere come gli animali vengono macellati".
Troppo comodo essere ipocriti come la signora che nel saggio "mangia questo cadavere di volatile con l'assoluta sicurezza del suo buon diritto" ma sostenendo che "lei è così sensibile che è incapace non solamente di far soffrire un animale, ma neppure di sopportare la vista delle sue sofferenze".
Quante ce ne sono di persone così, tutti quelli che dicono di amare gli animali e che poi amano anche ritrovarseli nel piatto!

Il macello di Tula visitato da Tolstoj era stato costruito "secondo l'ultimo modello perfezionato, in modo che gli animali che vi si uccidono soffrano il meno possibile". Poi descrive il modo in cui ha visto ammazzare un toro, dei buoi, dei maiali, degli agnelli e c'è solo sofferenza.
Io non avrei mai la forza per assistere a questi orrori, ma io la carne non la mangio.

E se pensate che adesso gli animali che mangiate siano arrivati nella vostra bocca senza soffrire avete torto. Abbiate almeno il coraggio di aprire questo link di Essere animali e se non ve la sentite fatevi due domande e datevi due risposte prima di ingoiare la prossima fetta di prosciutto!

"Non si può far finta di ignorare tutto questo. Non siamo struzzi, né possiamo pensare che se noi non guardiamo quello, che ci rifiutiamo di vedere, non c’è. Soprattutto quando la cosa che non vogliamo vedere è ciò che stiamo mangiando."
Purtroppo Tolstoj riponeva un'immeritata fiducia nel genere umano. Sia ne "Il primo gradino" sia nella lettera alla Telešova si diceva "convinto che nel prossimo secolo la gente racconterà con orrore e ascolterà con dubbio come i loro antenati ammazzavano gli animali per mangiarli". Centotrent'anni dopo la percentuale delle persone capaci di fare questa scelta etica è ancora troppo scarsa, nonostante adesso il problema ambientale dovrebbe aiutare a dare una spinta raziocinante in questo senso. E invece essere vegetariani e, soprattutto, vegani viene visto come un qualcosa da ostacolare e/o deridere. In questo dai tempi di Tolstoj non è cambiato molto: "Vi avverto, tuttavia, che se smetterete di mangiar carne, incontrerete una fortissima resistenza, anzi un’irritazione". La parte "Contro la caccia" risulta ancora più interessante perché Tolstoj è stato a lungo un appassionato cacciatore e quindi sa spiegare molto bene quale appagamento dà la caccia in chi la pratica smantellandone le giustificazioni e mettendone a nudo la realtà: "Da qualunque lato la riguardiamo, la caccia è un atto stupido, crudele, inumano e sanguinario". E ancora: "Checché se ne dica, il piacere dominante della caccia è nel perseguitare ed uccidere gli animali".
E purtroppo anche su questo tema non si è rivelato buon profeta: "L’umanità dell’avvenire ne parlerà con la stessa ripugnanza che noi proviamo oggi per la schiavitù e la tortura, come errori di altri tempi, che la civiltà ha abolito".
"La sopraffazione, la perfidia, le trappole, l’imboscata, l’assalto di molti ad un solo, del forte contro il debole, il ratto dei piccini ai genitori e viceversa": questa è la caccia, lo era ai tempi di Tolstoj, lo è a maggior ragione adesso.

Una lobby di assassini codardi.

Reading Challenge 2022, traccia di aprile: un libro di un autore russo fra quelli indicati