domenica 24 aprile 2022

"Scomparsa", Joyce Carol Oates


Carthage (stato di New York). All'alba del 10 luglio 2005 Arlette Mayfield scopre con sgomento che la figlia minore Cressida, 19 anni, non è ancora tornata a casa. Appurato che ha lasciato l'amica da cui aveva trascorso la serata attorno alle 22.30, non si capisce dove possa essere andata finché diversi testimoni dicono di averla vista in un bar in compagnia di Brett Kincaid, l'ex fidanzato della sorella.
Juliet e Brett erano la classica coppia da sogno, quelli che nelle commedie americane vengono eletti re e regina ai balli studenteschi, finché lui non era tornato dalla guerra in Iraq con un trauma cerebrale e danni neurologici, forse guaribili, forse no. Juliet non si era fatta condizionare da questo, gli era rimasta accanto, era ancora decisa a sposarlo anche se a volte pensava che esistessero due Brett: quello vecchio e quello nuovo...
Poi il 4 luglio aveva rotto il fidanzamento, ma questo non spiega cosa ci facesse Cressida con lui cinque giorni dopo, lei che non frequentava i bar e neppure i ragazzi, perché lei era quella intelligente delle due sorelle Mayfeld mentre Juliet era quella bella.

Ancora una famiglia al centro di questo che è il terzo romanzo della Oates che leggo e che conferma quanto siano simili le nostre opinioni sui vari temi che affronta. E anche questa volta la famiglia è solo il mezzo che usa per parlare di questioni scottanti, soprattutto per lei che è americana e che sa di venir letta innanzi tutto dai suoi connazionali.

Non a tutti avranno fatto piacere certe verità (scomode per alcuni, vergognose per altri) sulla "guerra al terrore", ma episodi come quelli che descrive attraverso i ricordi del caporale Kincaid sono successi davvero e i colpevoli sono stati protetti dal Governo, lo stesso Governo che invece non ha supportato come avrebbe dovuto i suoi reduci, abbandonandoli al loro destino. Come durante e dopo ogni guerra.

"Per Zeno Mayfield, diventato maggiorenne negli ultimi, cinici anni della guerra del Vietnam, era difficile capire perché un giovane intelligente come Brett Kincaid si fosse arruolato volontario nell’esercito. Perché, se non era stato chiamato alle armi! Era una follia.
Voleva “servire” la patria – ma quale patria? Nessuno dei figli dei leader politici si era arruolato nelle forze armate. Nessun giovane con un’istruzione universitaria. Già nel 2002 appariva chiaro che in guerra sarebbero andati gli americani delle classi più umili, con il dipartimento della Difesa a sovrintendere al tutto."
E anche Cressida dice una verità, antipatica quasi quanto il suo personaggio, ma tristemente innegabile:
"E quando era arrivata la notizia che Brett era rimasto ferito, lei, dopo un attimo di sorpresa e di shock, aveva commentato: «Be’, dopo tutto Brett è un soldato, ed era in guerra. Non si può pretendere di essere sempre dalla parte di chi uccide».
Questo sesto capitolo, "Il caporale nella terra dei morti", è un capolavoro della narrativa. Ci sono scrittori che sfruttano i piani temporali facendolo male e creando solo confusione. La Oates riesce a gestirli all'interno di singole frasi trasmettendo tutta la devastazione all'interno del cervello dell'ex soldato.
"La guerra era una cosa mostruosa, e rendeva mostruoso chi la faceva"
E poi c'è il nono, "La camera della morte", un macro capitolo di circa cento pagine, dove la Oates attraverso "l'ispettore" (personaggio grandioso) mette al muro il sistema penitenziario americano e quello giudiziario, affrontando la corruzione dei giudici, le condizioni dei carceri minorili e quelli di massima sicurezza. E non manca un accenno allo sfruttamento degli animali.
Questa sì che è un'autrice che non ha paura di prendere posizione! Ma questa è anche la storia di una ragazza che scompare. Come avevo scritto il mese scorso a proposito della storia vera di Irina Lucidi raccontata da Concita De Gregorio in "Mi sa che fuori è primavera", non so se per un genitore sia peggiore avere la certezza della morte del proprio figlio o sapere che quasi sicuramente non c'è più senza avere un corpo da piangere. La Oates racconta la vicenda dal punto di vista dei vari personaggi e riesce a descrivere la disperazione del padre, Zeno Mayfield, con un trasporto tale da farti star male per lui, anche se sai che si tratta di un'opera di fantasia.

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