sabato 26 agosto 2023

"Il sospetto", Fiona Barton

 

Southampton, 15 agosto 2014. Gli O’Connor non si danno pace: la figlia diciottenne, che da due settimane si trova in vacanza in Thailandia con un'amica, non ha telefonato e loro temono che possa esserle successo qualcosa. Alex sapeva che il 14 sarebbe arrivata la lettera con l'esito della sua domanda di ammissione all'università e si era tanto raccomandata con loro di non aprirla prima della sua telefonata, così avrebbero scoperto insieme se era stata accettata.
La denuncia di scomparsa arriva all'ispettore Bob Sparkes, che gira la notizia alla giornalista - e ormai amica - Kate Waters, sapendola alla ricerca di qualcosa da pubblicare sul "Daily Post". Ma non è solo la penuria di notizie a suscitare l'interesse della donna: anche suo figlio Jake si trova in Thailandia e lei non lo vede da due anni.
E' per questo che, quando il consolato inglese rende noto il ritrovamento di due cadaveri che potrebbero essere quelli di Alex e della sua amica, Kate parte immediatamente per Bangkok insieme alle due famiglie, non sapendo che dovrà presto abbandonare il caso come giornalista perché troppo coinvolta nella vicenda.

Per Fiona Barton scrivere romanzi è forse più un passatempo che una vera professione: il primo - "La vedova" - lo ha scritto nl 2016, a 59 anni, dopo aver abbandonato la carriera di reporter di nera scegliendo la Francia per la sua nuova vita da pensionata. Mi era piaciuto molto, al pari del secondo - "Il bambino" - uscito due anni dopo. Io li avevo letti in rapida successione nell'agosto e nel settembre del 2019, anno di pubblicazione de "Il sospetto" (che attualmente risulta essere l'ultimo titolo dell'autrice). A farmi passare la voglia di leggerlo subito era stata la stroncatura della mia amica Lorena: secondo lei non era bello come i due precedenti, ma non sono d'accordo.

Non è un thriller perfetto, o meglio, il punto debole è la clamorosa coincidenza subito svelata nella sinossi: quante possibilità ci sono che, in una città di dieci milioni di abitanti e di non so quante migliaia di turisti, le strade delle due ragazze inglesi vadano a incrociarsi con quella del figlio della giornalista che ha annunciato in patria la loro scomparsa?!?
Zero virgola, a essere generosi...

Ma, sorvolando su questo particolare (non da poco), la lettura è molto coinvolgente. Le trecento pagine sono divise in due parti e in più di ottanta brevi capitoli, tutti numerati e datati, dove si alternano le voci dei vari personaggi: la giornalista (l'unica a narrare in prima persona), l'ispettore, Alex e sua madre. 
Come nei due precedenti romanzi, la Barton usa piani temporali diversi, questa volta molto ravvicinati fra loro, un filone inizia il 27 luglio (quando le due ragazze arrivano a Bangkok), l'altro il 15 agosto (quando i genitori di Alex contattano la polizia).

Nonostante abbia capito il colpo di scena principale ben prima di arrivarci, ogni volta che dovevo separarmi dal libro perché non avevo più tempo per leggerlo è stata una sofferenza,  avrei voluto continuare e quando c'è questo genere di rapimento anch'io - che sono tignosa - riesco a mettere in secondo piano il fastidio generato dalla coincidenza sopracitata.

Notevole (perché arriva da un'ex reporter) il ribaltamento di ruoli che l'autrice fa vivere alla sua protagonista, che da giornalista senza scrupoli - pronta a calpestare il dolore altrui per un titolo a nove colonne - qual era nel primo romanzo e dopo essersi mitigata nel secondo, qui si ritrova all'improvviso dall'altra parte della barricata scoprendo quanto sia estenuante sostenere anche l'attenzione molesta dei media in un frangente già complesso della propria vita.

Inoltre il libro merita di essere letto anche per gli interrogativi che pone: cosa saremmo disposti a fare per proteggere i nostri figli? Lo faremmo nonostante tutto? E quanto li conosciamo? Ma, soprattutto (dico io), se i figli ignorano certi valori la colpa è della società o delle famiglie?

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