venerdì 30 luglio 2021

"La bella stagione", Roberto Mancini e Gianluca Vialli

Wembley Stadium (Londra), 11 luglio 2021. La Nazionale italiana batte ai rigori quella inglese vincendo gli europei di calcio. Nella conferenza stampa del dopo partita la prima domanda che viene fatta al c.t. Roberto Mancini è questa:
"Ciao Roberto, grandissima emozione. Volevo chiederti: a chi la dedichi questa vittoria? Immagino al gruppo, ma una dedica personale tua...?"
E il Mancio risponde:
"La dedico a tutti gli italiani, all'estero e in Italia, ma per me è una cosa particolare e un pezzo di questa coppa la voglio dedicare a Paolo Mantovani, che era qua con me trent'anni fa quando purtroppo la perdemmo in finale col Barcellona. E anche ai sampdoriani, che quel giorno soffrirono, e credo che questa coppa, che racchiude tutti gli italiani, sì, credo che un pezzettino sia soprattutto loro".

Conoscendo lui e il suo attaccamento alla maglia blucerchiata ero sicura che non avesse mai dimenticano nè digerito quel 20 maggio 1992: perdemmo la Coppa dei Campioni contro il Barcellona al 112° dei tempi supplementari per un gol di Koeman, che segnò su punizione grazie a un fallo inesistente.

La vittoria all'europeo è stato un riscatto più per lui (che ha tutto il merito della vittoria) che per noi (perchè la nazionale non è la Samp) ed ero sicura che ci avrebbe dedicato un pensiero e forse anche qualche parola, magari in un'intervista al quotidiano locale o a un'emittente genovese...
Ma quando ha pronunciato quelle parole subito, alla primissima domanda ricevuta, l'ho sentito vicino a noi come tutte le tante volte in cui l'ho visto correre sotto a noi tifosi dopo un gol o farsi espellere per un torto subito (non necessariamente da lui, ma dalla Samp).


A quella finale ci arrivammo dopo aver vinto il nostro unico scudetto e "La bella stagione" racconta proprio l'annata 1990-91. Fu unica e irripetibile e non solo per noi: fu l'ultimo scudetto vinto da una "piccola" e non per caso. La serie A era ancora composta da 18 squadre e alla vittoria andavano due punti, non tre. I giocatori non avevano procuratori. Non c'erano ancora le Pay TV, le nove partite si giocavano contemporaneamente (fu proprio alla fine di quel campionato che alle tre squadre ancora impegnate nelle coppe europee venne concesso per la prima volta di giocare al sabato, per avere un giorno in più di preparazione). E si poteva avere in rosa fino a un massimo di tre stranieri.

Ma la cosa che rende maggiormente l'idea di quanto il calcio sia cambiato (per lo spettacolo probabilmente in meglio, ma io rimpiango la maggior semplicità di un tempo) è questo numero: 16. Tanti erano i giocatori che componevano la rosa della Sampdoria e con quei 16 (e con tre gravi infortuni che tennero per parecchio tempo fuori dal campo Vialli, Cerezo e Pellegrini) vincemmo lo scudetto, arrivammo in finale di coppa Italia e ai quarti di finale della Coppa delle Coppe!
E qui vorrei tanto sapere cosa risponderebbe Roberto Mancini allenatore a un suo giocatore che osasse lamentarsi per il carico di lavoro (ma me lo immagino, perchè i suoi otto livelli di incazzatura descritti nel libro me li ricordo benissimo e non ci credo che sia cambiato perchè quelli che nascono con un carattere come il nostro ci muoiono anche ^^).

L'idea del libro pare sia nata da Marco Lanna, difensore, genovese e sampdoriano di nascita. La storia comincia dal 5 maggio 1991, giorno del big match Inter - Sampdoria. Vincemmo noi per 2-1. Ero nel terzo anello e fu quando Pagliuca parò il rigore a
Matthäus che capii (come tutti gli altri sampdoriani, squadra compresa) che al di là della matematica ce l'avevamo fatta, avevamo vinto lo scudetto!

Il libro stilisticamente non è un granchè, non so chi sia il ghost writer, ma sicuramente scriveva sapendo che sarebbe stato letto da chi normalmente non è abituato a leggere: una scrittura semplice, con una frase ad effetto quasi a ogni paragrafo. Un libro neppure troppo ricco di aneddoti per chi, come me, facendo parte del tifo organizzato quei fatti li ha vissuti fianco a fianco della squadra. Un libro che vale più la pena avere che leggere, ma che è comunque una miniera di ricordi: dopo la partenza con la partita decisiva torna indietro e ripercorre tutto il campionato fin dall'estate precedente, dal raduno a Bogliasco al ritiro al Ciocco...


...le amichevoli precampionato e poi tutte le partite delle tre competizioni. E io mi sono rivista tutti gli highlight grazie a YouTube, che poi sarebbero i servizi delle due trasmissioni dell'epoca, "90° minuto" e "La domenica sportiva", a cui il ghost writer ha attinto a piene mani, prendendo però qualche cantonata (la pioggia torrenziale a Bari proprio non me la ricordo e a Cesena Branca non sbagliò un passaggio clamoroso a Mancini perchè il Mancio era influenzato e non era in campo, ma vide la partita sugli spalti con noi tifosi).

Un libro che è riduttivo, a partire dal titolo, perchè non ci fu solo quella bella stagione: tutta l'era Mantovani non fu solo bella, ma meravigliosa, e se lo scudetto fu la vittoria più grande, non fu però l'unica (anche se vincemmo molto meno di quello che avremmo potuto e meritato).



Ma la più grande vittoria di Paolo Mantovani e di quella Sampdoria è spiegata da questa foto:



Una delle tante che testimoniano cosa quell'uomo (e Vujadin Boskov) fosse riuscito a creare: non solo una squadra, ma un gruppo di amici che in trent'anni non si sono mai persi di vista, che ogni tot mesi si ritrovano per una cena o una partita con addosso i nostri colori, che hanno chiamato Sampdoria la loro chat su WhatsApp e che prima o poi torneranno, uno da presidente e l'altro da allenatore, con tutto il loro seguito, adesso stanno solo facendo le prove.

Non ci credete? In tanti non credevano nemmeno che avremmo vinto lo scudetto...

NB: i proventi del libro vanno all'ospedale pediatrico Gaslini di Genova, come quelli dei biglietti di auguri di Natale con la foto in stile anni '20 che fecero l'anno dello scudetto:



Reading Challenge 2021: questo testo risponde alla traccia cascata di luglio (lo collego a "Dal Titanic all'Andrea Doria" perchè la nave e la mia squadra hanno il nome del grande ammiraglio genovese)