Tangeri (Marocco), primo quadrimestre del 1956. Per Alice Shipley quella di seguire il marito in Marocco non è stata una scelta felice: lui si è innamorato di quel Paese e di quella città, ma lei non è riuscita a integrarsi. Non ci ha nemmeno provato più di tanto, è stato molto più facile chiudersi in casa e limitarsi a osservare la vita degli altri dal balcone.
Forse anche sposare John non è stata una scelta felice.
Di sicuro è lei a non essere felice quando si ritrova davanti Lucy Mason, quella che per quasi quattro anni era stata la sua compagna di stanza al college e che non vedeva più dalla sua ultima e tragica notte trascorsa nel Vermont. Sono tante le cose che Alice non ricorda con precisione, ma di una cosa è certa: quella notte aveva gridato a Lucy di sparire perchè non voleva vederla mai più dopo quello che aveva fatto!
Ma ora è lì, l'ha raggiunta in Africa: come ha scoperto che si era trasferita? Come ha avuto il suo indirizzo? Perchè si comporta come se non fosse successo nulla tra loro? E, soprattutto, perchè lo sta facendo anche lei?
Una lettura che mi ha suscitato sensazioni contrastanti. Classificato da Amazon e da IBS sotto il genere giallo o thriller, è in realtà un noir caratterizzato da un certo grado di lentezza simile a quella che nei noir giapponesi mi rilassa, ma che in questo caso ha avuto su di me un effetto respingente, da qui i venti giorni che ho impiegato per leggerlo.
I capitoli di varia lunghezza alternano le voci narranti delle due protagoniste. Il presente vissuto in Marocco viene intervallato dai frequenti flashback del loro recente passato nel college del Vermont che - se a me non hanno permesso di usare questo libro per la traccia per cui avevo scelto di leggerlo (un libro ambientato almeno all'80% in Africa) - sono indispensabili all'autrice per portare noi lettori all'acme, cioè a sapere cosa è accaduto durante quella notte fin lì tante volte citata. Questo avviene quando si è ancora ben lontani dalla fine, ma il giallo imprigiona anche il presente delle due e si sviluppa in maniera piuttosto claustrofobica, ma intelligente.
"Il tempo avanza in modo incontrollabile, per quanto si possa tentare di arrestarlo, di modificarlo, di riscriverlo. Molto semplicemente non c'è nulla che possa fermarlo. Assolutamente nulla"
La Mangan sa gestire molto bene i diversi piani temporali ed è ancora più convincente nell'avvicendamento delle due voci, nel raccontare i vari episodi visti dagli occhi dell'una e poi dell'altra, nel presentare gli stati d'animo di queste due giovani donne mentalmente instabili, anche se in modo diverso. Una vicenda piuttosto disturbante con al centro un rapporto malato.
La Mangan, però, non è altrettanto brava nell'ambientazione. Scegliere proprio l'anno dell'indipendenza del Marocco avrebbe avuto un senso solo facendo diventare l'evento parte della storia, mentre viene relegato a non più di quattro miserabili accenni senza alcuna rilevanza sociale e politica, ma solo folkloristica. E' penalizzante la mancanza di approfondimenti in stile Allende (ma la Mangan - pur avendo una bella penna - non è a quel livello).
Non solo. L'autrice non è riuscita nemmeno a trasmettere l'atmosfera del Marocco come, invece, mi aspettavo. Arriva solo il senso di oppressione provato da Alice, principalmente per il caldo, e anche quando il focus è puntato su Lucy e su John, che a parole si sentono parti integranti della città, Tangeri resta buia e soffocante e alla fine è lei la vera sconosciuta del romanzo, per le due protagoniste e per chi legge. Ma non sembra essere una cosa voluta.