"Si tratta semplicemente di applicare la fisica classica all'atmosfera, su un globo rotante, dotato di gravità"
La meteorologia è tutta qua, davvero una cosa semplicissima ^^
Andrew Blum, scrittore e giornalista newyorkese classe 1977, autore di diversi saggi, questo lo ha scritto nel 2019 (titolo originale "The Weather Machine. A Journey Inside the Forecast") e penso sia stata la lettura più complessa della mia vita.
Fin dalla prefazione italiana di Dino Sardi ho capito che fra meccanica, elettromagnetismo, termodinamica e fisica atomica ero messa male: la mia esperienza di studio con "materie scientifiche" si è esaurita alle medie, ma essendomi sempre considerata un'appassionata di meteorologia sono stata attratta dal titolo non pensando che Blum sarebbe andato ben oltre al mio interesse per le previsioni del tempo.
Inizia il saggio raccontando del suo incontro con il direttore del servizio meteorologico norvegese avvenuto nel giugno 2015: in Norvegia, paese ricco che deve fare i conti con freddo e vento per gran parte dell'anno, la meteorologia fin dal principio si è concentrata sulla ricerca scientifica, lì il servizio meteorologico nazionale non è nato dalla Marina Militare, come invece è successo nella maggior parte delle nazioni.
A Utsira si trova uno dei più antichi (1844) e importanti osservatori meteorologici, ma la posizione strategica dell'isolotto lo ha reso una pedina fondamentale sia durante la Seconda Guerra mondiale, quando i nazisti ne presero possesso, sia durante la Guerra Fredda, quando diventò una base NATO: gli aneddoti storici riportati sono stati molto piacevoli, ma più volte mi sono sentita persa fra carte sinottiche, termometri, anemometri, satelliti, boe, eccetera, e sono questi i temi portanti del saggio.
Dalle osservazioni fatte a occhio nudo guardando il cielo, passando all'importanza che l'invenzione del telegrafo ebbe anche per la meteorologia e arrivando alla svolta definitiva data dai satelliti, Blum spiega come funzionano i modelli meteorologici, come ricevono le osservazioni e come le trasformano in previsioni, argomenti tristemente al di fuori delle mie capacità.
"La density altitude, raramente tradotta in italiano come “quota di densità”, rappresenta la quota dell’atmosfera standard (modello di atmosfera ideale, priva di vapore acqueo e rappresentativa delle medie latitudini, utilizzato in altimetria e meteorologia aeronautica) alla quale corrisponde la stessa densità dell’atmosfera reale."
A tratti mi sembrava di leggere una lingua straniera e mi è dispiaciuto non trovare nessuna foto, in molti casi sarebbero state utili, o anche solo interessanti.
Un esempio fra tanti: racconta di come nel 1954 un razzo fotografò per la prima volta una tempesta tropicale in atto sul Golfo del Messico, foto che venne pubblicata sulla rivista "Life". L'ho cercata on-line, ma sarebbe stato bello trovarla nel libro.
Quello che ricorderò di questo testo è che Thomas Jefferson e John F. Kennedy erano molto interessati alla materia, che gli inglesi hanno il miglior modello meteorologico del mondo (chiamato "l'europeo") e che al giorno d'oggi i previsori fanno pochissime previsioni, quelle che consultiamo anche più volte al giorno sulle app si basano sui modelli matematici.
Modelli matematici (e satelliti) che nel presente vengono sempre più spesso gestiti da un gruppo ristretto di Paesi. Quello della meteorologia è sempre stato un mondo competitivo, ma anche molto collaborativo, e a breve rischia di non esserlo più. Se le osservazioni in un futuro spaventosamente vicino verranno eseguite e raccolte da reti private (Google, Amazon, IBM) c'è il rischio che decidano di interrompere la cooperazione internazionale che caratterizza il sistema da centocinquant'anni. Proprio adesso che il mondo intero ha più che mai bisogno di previsioni precise.
L'aspetto che più mi ha delusa del saggio è che Blum solo alla fine affronta il tema dei cambiamenti climatici e lo fa in maniera troppo frettolosa e superficiale.
Avevo in wish list anche l'altro suo saggio tradotto in italiano, "Tubi. Viaggio al centro di internet", ma dopo questa esperienza non me la sento di affrontare un'altra impresa troppo grande per me.
Un esempio fra tanti: racconta di come nel 1954 un razzo fotografò per la prima volta una tempesta tropicale in atto sul Golfo del Messico, foto che venne pubblicata sulla rivista "Life". L'ho cercata on-line, ma sarebbe stato bello trovarla nel libro.
Quello che ricorderò di questo testo è che Thomas Jefferson e John F. Kennedy erano molto interessati alla materia, che gli inglesi hanno il miglior modello meteorologico del mondo (chiamato "l'europeo") e che al giorno d'oggi i previsori fanno pochissime previsioni, quelle che consultiamo anche più volte al giorno sulle app si basano sui modelli matematici.
Modelli matematici (e satelliti) che nel presente vengono sempre più spesso gestiti da un gruppo ristretto di Paesi. Quello della meteorologia è sempre stato un mondo competitivo, ma anche molto collaborativo, e a breve rischia di non esserlo più. Se le osservazioni in un futuro spaventosamente vicino verranno eseguite e raccolte da reti private (Google, Amazon, IBM) c'è il rischio che decidano di interrompere la cooperazione internazionale che caratterizza il sistema da centocinquant'anni. Proprio adesso che il mondo intero ha più che mai bisogno di previsioni precise.
"La macchina del tempo deve essere un sistema globale e non può funzionare in un altro modo. È incentrata su un equilibrio tra quanto gli Stati fanno per se stessi e quanto per contribuire a sistemi che prescindono dai loro confini. Siamo molti Paesi, su un solo pianeta."
L'aspetto che più mi ha delusa del saggio è che Blum solo alla fine affronta il tema dei cambiamenti climatici e lo fa in maniera troppo frettolosa e superficiale.
Avevo in wish list anche l'altro suo saggio tradotto in italiano, "Tubi. Viaggio al centro di internet", ma dopo questa esperienza non me la sento di affrontare un'altra impresa troppo grande per me.
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