Sidonie-Gabrielle Colette nasce a Saint-Sauveur-en-Puisaye, in Borgogna, il 28 gennaio 1873 e muore a Parigi il 3 agosto 1954 lasciando ai posteri un'ottantina di titoli fra romanzi, racconti, opere teatrali e altro.
Angelo Molica Franco (traduttore de "Le lettere di Esther", che avevo letto a ottobre) nel 2018 ha pubblicato questa biografia che per me è stata una cocente delusione. Principalmente perché da anni ero attratta dai volumi della collana Passaggi di dogana con la convinzione che fossero i luoghi a essere protagonisti. Quindi avevo comprato questo volume spinta dall'interesse per Parigi, non per Colette. Ma, appurato che invece si trattava di una biografia, il testo non mi ha convinta perché, pur essendo scritto benissimo, non va oltre l'essere nozionistico.
Il capitolo migliore, perché più descrittivo del luogo, è l'ultimo: l'autore, dopo aver tratteggiato la vita di Colette, scrive del paesino in cui era nata, della rabbia degli abitanti dopo che li aveva bistrattati in un romanzo (durante una visita la presero a pietrate) e della rivalutazione postuma, con l'immancabile casa di famiglia trasformata in un museo.
Prima c'è sì Parigi - la nascita del Moulin Rouge, l'alluvione del 21 gennaio 1910, il salone Goncourt, il cimitero Père-Lachaise, dove Colette è sepolta - ma tutto è ridotto ad accenni e brevi aneddoti.
E si va ben poco oltre a questo anche a livello biografico: i mariti, i tanti personaggi famosi che l'hanno incrociata più o meno significativamente, i fatti salienti della sua vita, il passaggio attraverso le due guerre mondiali.
Un po' poco per "la più grande scrittrice francese del Novecento". Ma sono poche anche le pagine, 116, e probabilmente è l'editore (Perrone) a chiedere testi snelli per questa collana.
Angelo Molica Franco (traduttore de "Le lettere di Esther", che avevo letto a ottobre) nel 2018 ha pubblicato questa biografia che per me è stata una cocente delusione. Principalmente perché da anni ero attratta dai volumi della collana Passaggi di dogana con la convinzione che fossero i luoghi a essere protagonisti. Quindi avevo comprato questo volume spinta dall'interesse per Parigi, non per Colette. Ma, appurato che invece si trattava di una biografia, il testo non mi ha convinta perché, pur essendo scritto benissimo, non va oltre l'essere nozionistico.
Il capitolo migliore, perché più descrittivo del luogo, è l'ultimo: l'autore, dopo aver tratteggiato la vita di Colette, scrive del paesino in cui era nata, della rabbia degli abitanti dopo che li aveva bistrattati in un romanzo (durante una visita la presero a pietrate) e della rivalutazione postuma, con l'immancabile casa di famiglia trasformata in un museo.
Prima c'è sì Parigi - la nascita del Moulin Rouge, l'alluvione del 21 gennaio 1910, il salone Goncourt, il cimitero Père-Lachaise, dove Colette è sepolta - ma tutto è ridotto ad accenni e brevi aneddoti.
"La Parigi della sera non era mai quella del mattino. Ho potuto vedere Parigi sprofondare nel dolore, rabbuiarsi di pianto e umiliazione, ma anche innalzarsi ogni giorno di più"
E si va ben poco oltre a questo anche a livello biografico: i mariti, i tanti personaggi famosi che l'hanno incrociata più o meno significativamente, i fatti salienti della sua vita, il passaggio attraverso le due guerre mondiali.
Un po' poco per "la più grande scrittrice francese del Novecento". Ma sono poche anche le pagine, 116, e probabilmente è l'editore (Perrone) a chiedere testi snelli per questa collana.
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