sabato 22 agosto 2020

"La vita è un cicles" Margherita Oggero



Torino, 24 febbraio 2017. Da qualche mese è Massimo Brusasco, classe 1993, a tirare su la serranda dell'Acapulco's, uno dei tanti bar più o meno loschi della degradata zona nord della città. Una laurea (non spendibile) in lettere antiche, si adatta a ogni mansione pur di guadagnare qualcosa e non dipendere totalmente dai genitori, con cui ancora vive. Quello all'Acapulco's è un lavoretto che lo impegna solo per un paio d'ore, deve preparare i panini e scongelare le brioches prima dell'arrivo dei poco pretenziosi clienti del locale, mansione che in realtà spetterebbe a Gervaso, detto Gerry, il figlio del proprietario, ma il ragazzo è allergico alle alzatacce...
E così tocca a Massimo rinvenire il corpo di un uomo nel retro del bar: il volto devastato (probabilmente da un colpo di pistola) e la cassaforte (di cui Massimo ignorava l'esistenza) spalancata e vuota spingono il ragazzo a chiamare la polizia prima ancora dei suoi datori di lavoro.
Per il commissario Gianmarco Martinetto e per la sua squadra comincia un'indagine dove, alla vecchia maniera, sono le soffiate a permettere di capirci qualcosa. E il morto, ancora privo di identificazione, li spinge in più di una direzione: c'entra la 'ndrangheta calabrese? Oppure la mafia veneta così attiva nel torinese? Ma non sarà invece opera dei soliti stranieri, questa volta slavi?

A volte, dopo aver finito un libro e aver scritto la mia recensione, do un'occhiata a quelle su IBS: seppur passivo, è sempre un modo di confrontare le proprie opinioni. Molto raramente lo faccio prima di aver letto un libro (certi utenti sarebbero da bannare per gli spoiler che fanno, soprattutto su Amazon!) e questo è stato uno dei rari casi perché colpita dal basso numero di stelline. Dopo aver letto le tre recensioni su IBS sono passata a quelle di Amazon ritrovando la stessa critica: in molti si lamentano per il finale, lo definiscono monco, aperto, dicono che chiaramente il libro non finisce qui. Per questo avevo deciso di rimandare la lettura a quando sarebbe stato pubblicato il seguito. Ma poi è arrivata la traccia normale di agosto che vuole la lettura di libri con un disegno in copertina e ho pensato che, essendo passati già due anni dalla pubblicazione, non doveva mancare molto per quella dell'avventura successiva e così mi sono decisa, forse spinta anche dai tanti accenti torinesi che sto sentendo a Bordighera, dove anch'io sono in vacanza...

Finito il libro sono tornata su IBS e Amazon a rileggere le recensioni e ora mi chiedo (non per la prima volta) se tutte le persone che leggono libri li capiscono anche.

Con questo evidentemente c'è stato qualche problema. O meglio: se si pretende che un crimine letterario si chiuda con la risoluzione del caso da parte degli investigatori, e magari anche con arresto e condanna dei colpevoli, allora ha ragione chi parla di finale monco.

Ma è un dare ragione agli allocchi, perché il libro ha il suo finale ed è pure molto bello: al lettore non solo viene detto chi ha ucciso e perché, ma anche che le indagini andranno avanti (con calma, senza dover fare gli straordinari...) ed è chiaro che il commissario con la sua squadra risolverà il caso dell'omicidio e farà luce anche su tutti i crimini minori in cui sono incappati durante le indagini.

Perché questo è un giallo che va a toccare tutto il marcio della malavita, gioco d'azzardo, prosituzione, droga, coinvolgendo cosche di ogni latitudine ed etnia. Un giallo forse lento che non ricorre ai metodi cui ci hanno abituati i vari CSI, ma a suo modo dinamico, con convocazioni in centrale, uso degli informatori, perquisizioni improvvise, ecc...

Un giallo che avrebbe potuto benissimo essere un altro capitolo della saga con protagonista la professoressa Baudino. Ma è finita la serie televisiva di "Provaci ancora prof"? Questo commissario Martinetto potrebbe essere un nuovo personaggio, più interessante e più credibile della professoressa: in questo senso sì, sarei felice se "La vita è un cicles" fosse la prima puntata della sua saga.

Sempre brava la Oggero: seppur la preferisca nella narrativa contemporanea, quando crea romanzi ben più profondi e di ottimo livello, anche da giallista è godibilissima, capace di costruire delle storie logiche, con dei begli incastri e dotate di personaggi - anche quelli minori - ben delineati, ognuno con una personalità definita, con un passato e un presente che non si limita alla sola professione.

Brava anche nell'intrecciare slang (il cellu fa sanguinare le orecchie, ma non mi sorprende sapere che qualcuno dica così) ed espressioni latine con assoluta naturalezza.

E bravissima, come sempre, a spingere a riflettere su temi importanti, il lavoro precario, la criminalità, il degrado delle periferie, ma anche su quanto sia saggio archiviare un legame finito anziché cercare di riesumarlo.

Non si può bocciare un libro perché delude il mancato arresto senza cogliere la profondità di certi argomenti.


Reading Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia normale di agosto "un libro con un disegno in copertina"