domenica 30 agosto 2020

"Per l'amore basta un clic", Rainbow Rowell

Omaha (Nebraska), estate 1999. Quando Lincoln – 28 anni e plurilaureato – aveva risposto all’annuncio del “Curier” per un posto di addetto alla sicurezza informatica non si aspettava di dover rivestire l’odioso ruolo di controllore della posta elettronica altrui. Perchè in quegli anni gli editori non avevano ancora capito che il vero nemico del cartaceo era l’informazione via web: a spaventarli erano i possibili attacchi dei pirati informatici e che i dipendenti usassero la rete per scopi personali durante l’orario di lavoro!
Lincoln si trova così a dover controllare le mail che per l’uso di parole classificate come a rischio finiscono nella sua casella di controllo. Un lavoro noioso, solitario, notturno, ma ben pagato (non che lui abbia grandi spese, visto che vive ancora con la madre…).
A vivacizzare le sue serate ci pensano inconsapevolmente Beth e Jennifer, due redattrici del quotidiano sue coetanee che ogni giorno usano la posta elettronica per aggiornarsi sulle novità, lamentarsi, consolarsi, sfogarsi, ecc…
Lincoln dovrebbe segnalare l’abuso, invece continua a spiare quegli scambi perché in fondo sono innocui e perché, dopo anni col cuore infranto, sembra che la sconosciuta Beth stia riuscendo ad aggiustarlo…

Avevo inserito questo libro in wish list perché si adattava a una delle cento tracce della Reading Challenge del 2018, preferendone poi un altro, ma era rimasto nella wish per via della copertina così carina. E "carina" è l’aggettivo che attribuisco anche alla storia: nulla di più e nulla di diverso da ciò che mi aspettavo. Un romanzetto chick-lit al 100%, mieloso il giusto, non troppo stupido, non irrealizzabile, solo un po’ troppo lento e “pulito” rispetto ad altri del suo genere, ma più originale di tanti altri per via dell’alternanza fra i capitoli che riguardano Lincoln e quelli che sono lo scambio di mail fra le due ragazze, sorvolando sull’inverosimiglianza che due migliori amiche comunichino solo in questo modo e solo durante l’orario di lavoro, senza mai una telefonata o un incontro.

Un libro da ombrellone, che non ispira certo grandi riflessioni, men che meno alla mia età, ma che a suo modo mi ha portato a pensare ai tanti cambiamenti nei modi di comunicare a cui ho assistito nei miei cinquant’anni di vita. Nelle note l’autrice spiega la scelta di ambientarlo nell’anno del tanto temuto Millenium Bug, perchè nel presente (è stato pubblicato nel 2011) si aveva già un’idea diversa di internet e della posta elettronica, ed è vero. E ciò che usavamo solo nove anni fa adesso ci farebbe sorridere.

Io, che ricordo addirittura il telefono a muro in bachelite a casa di mia nonna, forse dovrei piangere…

Ma a farmi piangere sono due errori clamorosi: un “quant’è bravo” scritto “quante bravo” e un “com’è vestita” scritto “come vestita”. Brutta cosa fare l’editing con i correttori automatici!!

Reading Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia normale di agosto "un libro con un disegno in copertina"