giovedì 24 ottobre 2019

"Il mago", César Aira


L’argentino Pedro Marìa Gregorini, in arte Hans Chans, prossimo ai cinquant’anni, atterra a Panama in un giorno di marzo di un anno qualunque per partecipare al convegno degli illusionisti. Questa volta è deciso a dimostrare di essere Il Miglior Mago del Mondo, perché lui – a differenza di tutti i suoi sedicenti colleghi – un mago lo è davvero!

Anche a César Aira ci sono arrivata tramite un video su YouTube, questa volta del canale Read Vlog Repeat. A dire il vero Valeria raccomandava l’ultimo libro scritto dell’autore, “Come diventai monaca”, ma - siccome mi piace andare in ordine – ho preferito partire da quello più vecchio che sono riuscita a trovare (usato sul sito del Libraccio).

Un inizio non felicissimo perché dalla sinossi mi aspettavo tutt’altro, una storia spassosa con questo vero mago che dal palco sbalordisce il pubblico e gli altri partecipanti con numeri strepitosi oppure che finisce per inguaiarsi da solo facendo cose per le quali non esiste un trucco credibile e diventando così quello che per tutta la vita gli ha impedito di rendere pubblica la sua magia: un fenomeno da baraccone.

Invece divertente lo è davvero pochissimo, solo per rare uscite qua e là. Viceversa il Mago è un uomo triste che non ha mai trovato il modo per sfruttare questo suo grande dono, cosa non facile perché se – come spiega – parlando per ipotesi tutti sarebbero pronti a elencare le tantissime cose che farebbero se avessero il potere per farle, nella pratica non tutto è possibile.
Fare soldi, per esempio: lui potrebbe farsi piovere fra le mani tutte le banconote del mondo, ma come la mettiamo con il numero di serie? Potrebbe fare man bassa al casinò, ma la tensione sarebbe troppo grande. O potrebbe vincere una fortuna alla lotteria, ma ciò lo porterebbe ad esporsi, quello che ha sempre cercato di evitare… Anche prendere possesso di case e cose tramite la magia non lo farebbe vivere tranquillo perché in caso di controllo non potrebbe dimostrare il legittimo acquisto.

Insomma, sono questi i motivi che lo hanno spinto molti anni prima a diventare un illusionista di professione: per potersi mescolare fra chi fingeva di esserlo.

E la parte che mi è piaciuta del libro si ferma qua, cioè all’inizio. Tutto quello che segue è la descrizione dell’interminabile giornata in cui Hans Chans prima si annoia in albergo, poi si annoia da turista in giro per la città e poi di nuovo si annoia in albergo, finché arriva finalmente la sera con l’inaugurazione della convention e non si capisce se anche lì si annoia, ma di sicuro io sono passata dalla noia alla delusione perché non succede proprio nulla ed è stato un sollievo arrivare alla fine di questo librino: non ne potevo più di questo ometto paranoico, depresso e frustrato.

Non aiutano la mancanza della suddivisione in capitoli e gli scarsissimi dialoghi, sono rare anche le andate a capo e, per quanto scritto benissimo, il monologo interiore che ne viene fuori diventa via via più pesante e… noioso.

Pagina dopo pagina il mio interesse si è prosciugato, tanto che non mi sono neppure sforzata di capire se tutto quello che avviene è reale o creato dal mago senza neppure rendersene conto e senza capirlo lui stesso.

Sono invece abbastanza sicura che Aira abbia nascosto una morale nel romanzo, un confronto fra il poter riuscire a fare qualcosa (come l’illusionista) attraverso il semplice impegno e il non riuscirci nonostante i poteri magici. Nel caso un bel messaggio, che però sarebbe arrivato di più divertendo e non annoiando.

Reading Challenge 2019: collegamento con la traccia musicale di ottobre perchè l'autore ha vent'anni più di me