sabato 10 ottobre 2020

"Confusione", Elizabeth Jane Howard

 

Sussex (Inghilterra), marzo 1942. Sono passati soltanto tre mesi dalle vicende narrate ne “Il tempo dell’attesa”, la guerra è nel vivo e la seguiremo passo passo fino alla resa incondizionata della Germania l’8 maggio 1945 attraverso il coinvolgimento diretto di alcuni personaggi e, come nelle prime due puntate, soprattutto tramite le conversazioni e le considerazioni interiori di chi, invece, continua a condurre un’esistenza più o meno normale lontano dal continente europeo.  
 
E anche le vite dei tanti Cazalet, e non, proseguono. Questo terzo volume della saga, che con le sue 526 pagine è il più breve dei cinque, è quello dei legami sentimentali, per lo più negativi: amori non corrisposti, amori ostacolati, amori che non si possono vivere alla luce del sole, ma anche rapporti malsani, subiti, tiranneggiati… 
 
I personaggi femminili restano quelli a cui l’autrice dà il massimo spazio: le ragazze continuano a crescere, si affacciano al mondo del lavoro, cominciano a diventare indipendenti, mentre alle donne che abbiamo conosciuto quando erano già adulte sembra non succedere mai nulla di bello. 
 
Se avevo trovato il secondo volume leggermente sottotono, questo mi è piaciuto forse anche più del primo: ormai i personaggi sono noti, chi legge ha ben chiari i vincoli parentali e di ognuno (domestici compresi) si sa l'età, di cosa si occupa, soprattutto lo si conosce caratterialmente e si ha un’opinione, positiva o negativa che sia. Non bisogna più sforzarsi per ricordare, come invece succede ne “Gli anni della leggerezza”, e questo rende più snella e piacevole la lettura. 
 
Ho di nuovo trovato meraviglioso il modo in cui la Howard racconta i dettagli delle vite di ogni personaggio, spesso andando a ritroso recuperando tutto, senza mai generare confusione. Amo gli spunti di riflessione che semina qua e là, ad esempio su stato sociale, comunismo e socialismo attraverso il diario tenuto da Clary, così come ho apprezzato e condiviso le considerazioni di Zoe sui libri classici e anche sulle difficoltà dei civili durante la guerra, anche se una frase che le fa dire (“Aveva paura durante gli attacchi aerei? No, aveva risposto lei, le facevano molta più paura i ragni”) mi ha fatto venire la pelle d’oca (dalla rabbia). 
 
Ma soprattutto ho ammirato come descrive la guerra attraverso i dialoghi fra i personaggi. Rispetto al libro precedente, questa volta dà più spazio al conflitto, senza eccedere, ma non ne ha bisogno perché è così brava da riuscire in più di un’occasione a scatenare orrore e dolore in chi legge, le bastano anche solo tre parole: “Siamo arrivati tardi”.

Reading Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia a cascata di annuale "una saga composta da cinque libri"