Sussex
(Inghilterra), giugno 1956. Sono passati
nove anni, anni di grandi cambiamenti economici e sociali e
non tutti i Cazalet sono riusciti a tenere il passo. I
tre figli maschi non si sono rivelati all’altezza del padre nella
gestione dell’azienda di famiglia, cosa che comporterà un
ridimensionamento del tenore di vita di tutti facendo emergere le fragilità
di certi rapporti e rafforzandone altri. Anni, come sempre,
costellati da matrimoni, divorzi, nascite e decessi. Con un salto
temporale di quasi un decennio, crescite e invecchiamenti hanno un
impatto maggiore.
Anche per i Cazalet, come per chiunque, tutto
cambia…
Ed
eccomi arrivata al termine della saga: cinque libri per un totale di
oltre tremila pagine che mi hanno tenuto compagnia per quasi due
mesi. Mi mancheranno. Mi sarebbe tanto piaciuto “veder”
invecchiare anche la terza generazione dei Cazalet e diventare adulta
la quarta: con una famiglia così numerosa non ci sarebbe mai stata
una fine. Ma
la Howard (di cui sicuramente recupererò gli altri romanzi) ha
scelto di chiudere qui l’epopea e lo ha fatto bene: con questo
volume arriva al dicembre del 1958 e nessun personaggio viene
dimenticato. Per ognuno costruisce una storia, per molti tratteggia
un futuro…
Facendo
considerazioni generali, più che su questo singolo volume, mi sono
sentita sempre molto a mio agio – direi coccolata – dal suo stile
narrativo molto dettagliato. A chi la critica per questo lamentando
un’eccessiva lunghezza, rispondo che invece io ho amato ogni
singola pagina e che grazie alle descrizioni così particolareggiate
era come se l’autrice mi raccontasse di persone reali, più o meno
care a seconda dei casi, e di cui mi interessava conoscere il
percorso. Per non parlare dei luoghi, delle abitudini, dei contesti…
Caso
mai li avrei preferiti ancora più lunghi con un maggior
approfondimento degli eventi storici: la Ferrante è stata molto più
brava in questo, ma probabilmente – a
differenza sua – alla Howard interessava raccontare solo della
famiglia e gli accadimenti mondiali citati qua e là erano un
sufficiente supporto alla sua storia (e comunque anche lei in più di
un’occasione ha espresso punti di vista interessanti su questioni
cruciali).
Davvero
una magnifica opera corale, arricchita da moltissimi rimandi
culturali che toccano letteratura, musica, teatro, cinema, ecc… Una
grandissima sensibilità dell’autrice nel descrivere lo strazio che
si prova nel veder morire una persona cara (“La guardava scivolare
via e diventare niente”), a cui
aggiungo un plauso per aver inserito diversi personaggi
omosessuali raccontando i loro sentimenti e legami al pari di quelli - per così dire - tradizionali,
cosa che ancora oggi non si può mai dare per ovvia e scontata,
peccando però di un certo perbenismo di fronte a ogni tradimento
(sia etero che omo) inserito nella storia dove finisce sempre col dare all’amante il ruolo meschino, minimizzando le colpe e/o
le mancanze dei coniugi (sia dei traditi che dei traditori).
L'unica (grande) delusione è stata il
veder cadere nel silenzio la vicenda del peggior abuso sessuale fra i tanti che esistono. L’autrice ha messo molto
del suo personale vissuto nella saga: la madre – come Villy - era
ballerina, il padre era un mercante di legname – come i Cazalet. E
il padre la molestava. Per trattare questo tema come ha fatto, così
superficialmente, senza dare un seguito, senza conseguenze, senza una
resa dei conti (che ho aspettato fino alla fine), allora sarebbe stato meglio evitare di inserirlo.
Infine
eleggo il mio personaggio preferito fra i tantissimi: il piccolo
Rivers!
Reading
Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia a cascata di annuale "una saga composta da cinque libri"