Contea di Rosewater (Indiana, Stati Uniti), 1964.
FONDAZIONE ROSEWATER
IN CHE COSA POSSIAMO ESSERVI UTILI?
E' questo che Eliot Rosewater ha fatto scrivere sulla targa sopra alla porta dell'ufficio, la stessa frase con cui risponde ogni volta che squilla il telefono nero. Quello rosso è la linea diretta con la caserma dei pompieri, dove lui è orgogliosamente volontario, però questa è quasi un'altra storia...
Ma entrambi i telefoni squillando annunciano emergenze e quelle dei disperati in cerca dell'aiuto di Eliot superano di gran lunga gli allarmi per incendi e incidenti vari.
Eliot, classe 1918, è uno di quei pochi che alla nascita - senza aver dovuto muovere un dito nè aver dovuto dimostrare una qualsiasi qualità - si sono ritrovati direttamente sul piatto della bilancia dove ci sono pochissime persone e tantissimi soldi: è ricco di famiglia.
Nel 1947 Lister Ames Rosewater, senatore dell'Indiana, con il solo scopo di evadere le tasse aveva dato vita alla Fondazione filantropica e culturale Rosewater, facendo sedere il figlio Eliot - tornato tre anni prima dall'Europa e dal fronte con una moglie francese e un trauma da "usura da combattimento" - sulla poltrona presidenziale che, da statuto, è una carica esclusivamente ereditaria.
Eliot prende molto seriamente la natura filantropica della Fondazione, lotta contro il cancro e le malattie mentali, contro il razzismo e gli abusi delle forze dell'ordine. Ma non è abbastanza, vuole aiutare tutti e per questo è tornato a Rosewater, la contea sfruttata dai suoi antenati allevando maiali, il posto dove hanno avuto inizio gli 87.472.033,61 milioni di dollari di proprietà della Fondazione.
Un comportamento... da pazzo: lo pensa il padre, lo pensa la moglie, lo pensano in tanti. Lo pensa soprattutto un giovane avvocato che ha scoperto che la carica di presidente della Fondazione può passare a qualcun altro se viene dimostrata l'incapacità di intendere e di volere di Eliot.
Per poter apprezzare come merita questo romanzo (considerato un capolavoro da molti) è necessario possedere tre requisiti: avere un interesse per i temi trattati, condividere il punto di vista dell'autore ed essere molto estrosi.
A me manca (decisamente) l'ultimo e ho ben chiaro che sia questo il motivo che mi ha impedito di godere degli aspetti eccentrici della storia.
Una storia e dei personaggi che mi hanno portata più e più volte a pensare a Don Gallo - uno che ha messo la sua vita al servizio degli ultimi nella realtà, non nella finzione letteraria - e alle canzoni di Fabrizio De André.
Vonnegut fa della disuguaglianza sociale la vera protagonista del libro evidenziando l'avidità e l'egoismo dei ricchi americani del secondo dopoguerra ("Samuel sosteneva che nessun operaio americano meritava più di ottanta cent al giorno. E tuttavia era grato se gli si presentava l’occasione di pagare centomila dollari o più il quadro di un italiano morto da tre secoli.") e le falle del sistema capitalistico. E' il primo libro che leggo dell'autore e - seppur intimorita dalla sua bizzarria - sono attratta anche dal famoso "Mattatoio n. 5" perché, al netto delle stramberie, mi è piaciuto quello che mi ha raccontato.
Belli i camei di personaggi famosi inseriti nella storia e geniale il personaggio (ricorrente nei romanzi di Vonnegut) di Kilgore Trout, che mi ha regalato le divagazioni più divertenti del libro.
A me manca (decisamente) l'ultimo e ho ben chiaro che sia questo il motivo che mi ha impedito di godere degli aspetti eccentrici della storia.
Una storia e dei personaggi che mi hanno portata più e più volte a pensare a Don Gallo - uno che ha messo la sua vita al servizio degli ultimi nella realtà, non nella finzione letteraria - e alle canzoni di Fabrizio De André.
"Dimmi una sola cosa buona di quella gente che Eliot aiuta..."
"Sono esseri umani"
Vonnegut fa della disuguaglianza sociale la vera protagonista del libro evidenziando l'avidità e l'egoismo dei ricchi americani del secondo dopoguerra ("Samuel sosteneva che nessun operaio americano meritava più di ottanta cent al giorno. E tuttavia era grato se gli si presentava l’occasione di pagare centomila dollari o più il quadro di un italiano morto da tre secoli.") e le falle del sistema capitalistico. E' il primo libro che leggo dell'autore e - seppur intimorita dalla sua bizzarria - sono attratta anche dal famoso "Mattatoio n. 5" perché, al netto delle stramberie, mi è piaciuto quello che mi ha raccontato.
Belli i camei di personaggi famosi inseriti nella storia e geniale il personaggio (ricorrente nei romanzi di Vonnegut) di Kilgore Trout, che mi ha regalato le divagazioni più divertenti del libro.
E siccome per me è importante la causa animale termino riportando un passaggio toccante, con la solita speranza di spingere chi legge a chiedersi: ma la soddisfazione del mio palato vale tutto lo strazio che comporta?
"I ragazzi di Harry agguantarono le fiocine. Il più giovane piantò l’uncino nell’acqua, lo torse nella pancia di un pesce, bloccò il pesce, lo fece girare sulla punta di uno strazio infinito.Il pesce si lasciò trascinare verso la barca, instupidito dallo choc, evitando ogni movimento che potesse aggravare la sua sofferenza.Il figlio più giovane di Harry diede all’uncino uno strattone lacerante. Questo nuovo strazio più profondo costrinse il pesce a drizzarsi sulla coda e a rovesciarsi nella Mary con un tonfo gommoso.Harry colpì il pesce alla testa con la sua mazza robusta. Il pesce giacque immobile.E un altro pesce si rovesciò rumorosamente nella barca. Harry diede un colpo in testa pure a quello, e poi a un altro, e a un altro ancora, finché gli otto grossi tonni giacquero stecchiti."
Reading Challenge 2022, traccia di maggio: un libro con il nome di una pietra o di una gemma nel titolo