domenica 23 ottobre 2022

"Il porcospino", Julian Barnes

 

Un innominato Paese dell'est europeo (che chiaramente è la Bulgaria), primi anni '90.
E' il 10 gennaio quando ha inizio il Procedimento Penale Numero 1 che vede alla sbarra Stoyo Petkanov, capo della nazione negli ultimi trentatré anni.

"Quell'uomo era un tiranno, un assassino, un ladro, un bugiardo, un corrotto, un pervertito, il peggior criminale che la nazione abbia mai avuto. Lo sanno tutti."

Ma saperlo non significa poterlo dimostrare ed è per questo che è imputato solo per reati minori.
Il compito di inchiodarlo almeno per frode spetta al Pubblico Ministero Peter Solinsky, il cui padre - intellettuale del Partito - era stato successivamente esiliato dallo stesso Petkanov.
Un processo trasmesso dalla televisione di Stato che diventa una partita fra i due. E ogni partita ha i suoi tifosi: Vera, Atanas, Stefan e Dimiter - quattro ragazzi che anelano la piena libertà democratica - contrapposti alla nonna di uno di loro, una donnina che non vuole saperne di staccare dal muro l'immagine di Lenin e che sa meglio del nipote come sia importante anche il principio di uguaglianza.

Questo è il quinto romanzo dell'autore che leggo e di quanto sia bravo a scrivere non lo scopro certo io. E' una storia molto diversa da quelle precedentemente lette ("Amore, ecc", "Amore, dieci anni dopo", "Prima di me" e "Il senso di una fine"), una storia che fatico a considerare come opera di narrativa quando è evidente che Stoyo Petkanov è il nome di fantasia scelto per Todor Živkov.

Scritto nel 1992 - immagino sulla scia del reale processo che condannò il vero bulgaro a sette anni per reati amministrativi - e quindi letto con troppo ritardo da parte mia, mi stimola diverse domande: ad esempio perché Barnes abbia sentito l'esigenza di trattare questo argomento, perché facendolo abbia preferito ricorrere a personaggi immaginari quando in realtà non lo sono e se - forte della conoscenza degli eventi dei trent'anni successivi e della situazione (esplosiva) attuale - riscriverebbe questo libro.

In definitiva, la caduta del Comunismo ha corrisposto davvero alla purificazione del Capitalismo, come sosteneva Fischer? Il mondo è veramente migliore da quando la metà non è più Comunista?

Che io sia di sinistra penso lo si capisca anche quando commento un romanzetto rosa, ma non avendo mai vissuto sulla mia pelle un regime totalitario non mi permetto di giudicare chi ha sentito il bisogno di liberarsi da quel tipo di oppressione.
Ma che tanti Paesi un tempo di sinistra abbiano svoltato a destra, alcuni addirittura nella destra più estrema, mi spaventa e rafforza la consapevolezza che ideali come i miei abbiano nella natura degli individui il loro peggior nemico.

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