giovedì 10 ottobre 2024

"Le lettere di Esther", Cécile Pivot

 

"Vuoi imparare a dar forma ai tuoi pensieri, raccontare una storia e parlare delle tue emozioni? Iscriviti al mio laboratorio di scrittura epistolare. Non è richiesta la presenza e potrai partecipare comodamente da casa. Dal 4 febbraio al 3 maggio 2019."

Gennaio 2019. E' questo l'annuncio che viene pubblicato da Esther Urbain, 42 anni, proprietaria della libreria C'est à Lire di Lille. Sono in cinque a iscriversi e il gruppo che si forma è una sorpresa, persone all'apparenza mal assortite, accumunate soltanto dal bisogno di aggrapparsi a qualcosa per superare ognuno il proprio malessere. Nessuno si è iscritto per migliorare nella scrittura, ma tutti alla fine otterranno molto più di quanto osassero sperare. Esther compresa.

Cécile Pivot (Parigi, 1966) è autrice di tre saggi e di altrettanti romanzi. Questo, scritto nel 2020, è il secondo (romanzo) che ha pubblicato e al momento l'unico a essere stato tradotto in italiano.

"Quel laboratorio era la loro ancora di salvezza, ciò che li avrebbe salvati dall’incomprensione, da un lutto che non stavano affrontando, da una vita in stallo, da un amore messo a dura prova."

Se siete alla ricerca di un libro coccola, compratelo. Attraverso la protagonista e i partecipanti al laboratorio, più tutti i personaggi di contorno legati a essi, la Pivot tratta quasi ogni genere di sofferenza e di difficoltà, impossibile non ritrovare qualcosa che ci affligge o che abbiamo sperimentato in passato.

Fra lutti, depressioni e crisi di vario genere ne esce un romanzo fortemente introspettivo. Un  romanzo epistolare (genere che non amo, ma per quasi cinque lustri - a partire dai miei dieci anni - ho sperimentato la gioia della corrispondenza trovando fra le tante amiche di penna alcune amiche vere a cui sono ancora fortemente legata ♥): dal terzo capitolo inizia lo scambio di lettere e l'aprirsi di ognuno è bello e toccante.

Ci sono Juliette e Nocolas, alle prese con la gravissima depressione post-partum di lei; Samuel, il membro più giovane, in lutto per la perdita del fratello maggiore morto di cancro ad appena ventun anni; Jean, che arrivato a 53 anni si rende conto di come carriera, potere e soldi non bastino a rendere appagante un'esistenza priva di affetti; la stessa Esther, il cui padre è morto suicida tre anni prima; e Jeanne, la più anziana del gruppo con i suoi 67 anni. Vedova da dieci, una figlia che vive all'estero e che si è allontanata irrimediabilmente da lei. Iscritta al gruppo forse per sconfiggere la solitudine o forse creata dalla Pivot per avere fra le pagine una voce a difesa dell'ambiente e degli animali.

"Con il suo padrone, il cane è felice, agli ordini, sottomesso. È così, esercitiamo un potere su di lui, come su tutti gli altri animali, senza limiti ed eccezioni. Da secoli, l’uomo li ha resi schiavi. Questa dominazione non è mai stata messa in dubbio. E all’inizio di questo XXI secolo continuiamo a mangiarli, cacciarli, pescarli, addestrarli, torturarli, picchiarli, dissezionarli, ingabbiarli, sterminarli. Ci sto male fino a farne una malattia. Con quale diritto l’uomo si comporta così? La sappiamo tutti la risposta: in nome della sua intelligenza superiore. Dimostra davvero un’intelligenza superiore usando e brutalizzando i più deboli?"

La Pivot con le risposte dei vari personaggi non è brava come quando scrive i loro dolorosi racconti: tanti "mi dispiace" e
 qualche inutile "dovresti fare" o, peggio ancora, "io farei", ma scrivere aiuta e questo laboratorio è un'idea così bella da portarci a pensare a quanto ci piacerebbe se qualcuno li organizzasse davvero.

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