(allerta spoiler riguardo a "L'amica geniale")
"Lila mi è entrata dentro e forse serve un esorcismo. Questo libro è il mio esorcismo"
"Lila mi è entrata dentro e forse serve un esorcismo. Questo libro è il mio esorcismo"
E' così che Marina Pierri - giornalista e critica televisiva, barese di nascita e milanese di adozione - descrive le sensazioni provate quando la Lila di Elena Ferrante viene privata della figlia Tina, che scompare nel quarto volume della tetralogia.
I quattro libri me li ero divorati e goduti uno di seguito all'altro nell'arco di un mese e mezzo fra il settembre e l'ottobre del 2019. Ho amato moltissimo anche la serie TV e ho aspettato di vedere l'ultima stagione prima di leggere questo breve saggio (pubblicato nel 2023). Nell'attesa ero felice di averlo comprato, me lo pregustavo, pensavo che sarebbe stato bellissimo ritrovare le atmosfere della Ferrante e quella che fra le due protagoniste della saga era la mia preferita. E invece...
Mah!
Nel testo c'è davvero poco di quello che mi aspettavo di trovare, cioè un'analisi del personaggio e della storia che fosse alla portata di tutti, cosa che non è.
"Lila è scura nella fisionomia, ma questa scurezza si riverbera anche nell'interiorità. È fatta del materiale degli incubi, del rimosso e del mostruoso (līlā, in sanscrito, significa anche simulazione), della notte (inevitabilmente, visto che la radice protosemitica della parola è LYL = notte), dello ctonio e dell'imperscrutabile. Nel sistema delle opposizioni binarie cui inevitabilmente siamo ancorate e a cui, certamente, la narratologia archetipica di matrice junghiana è ancorata, è dunque molto complesso non immaginare Lila come specchio oscuro."
Marina Pierri ha una laurea in Semiotica (cosa che sarebbe stato sufficiente scrivere nelle note sull'autore, senza rimarcarlo continuamente nel testo) e mentre arrancavo nella lettura pensavo che forse l'autrice non avesse tenuto in considerazione il fatto che il grande successo riscosso dalla Ferrante avrebbe attirato verso il suo libro anche persone con una cultura molto più limitata della sua (tipo me).
Ma poi sono arrivata a un'affermazione ("...parole che solitamente alla gente non dicono un cazzo e forse noi che abbiamo studiato semiotica ripetiamo con piacere perché ci ricordano chi siamo, o che siamo qualcosa") che mi ha trasmesso una spiacevole sensazione di superbia.
Allo stesso modo non ho gradito le infinite citazioni della sua pubblicazione del 2020, "Eroine. Come i personaggi delle serie TV possono aiutarci a fiorire", dove - se ho ben capito - aveva già scritto di Lila.
Ma la mia critica è generale, c'è poca Cerullo e troppa Pierri. Troppi concetti difficili e pochi approfondimenti interessanti.
Non mi vergogno a dire che del libro ho capito all'incirca il 25% perdendomi fra filosofia ("Il presupposto della decostruzione, cardine della filosofia di Jacque Derrida, è la messa in discussione della lingua e del linguaggio orali come parola di dio"), mitologia ("Sono Marina, non Arianna, ma ugualmente tengo il filo rosso delle coincidenze in mano. Il Minotauro è un ibrido interspecifico gentile, uno splendido trionfo del postumano. Asterione desidera soltanto compagnia, sono disposta a concedergliela più che altro perché voglio stare ad ascoltare le sue frasi oracolari, eppure non posso restare, devo uscire e raccontare, lo devo a me stessa prima di tutto") e, in ultimo, in qualcosa che non so neppure come definire ("Quando una persona scrive una storia ed è particolarmente ispirata, un certo gergo tecno-esoterico vuole che l'abbia canalizzata tramite download, specie se si considera che ogni storia non è che un concentrato di archetipi a loro volta simbolizzati da tropi, ossia da gruppi semantici reiterati, dunque familiari, lì dove il compito di chi narra è verniciarli di inconsueto").
E di quel 25% (scarso) che ho compreso condivido poco: sono d'accordo sulla complessità del personaggio di Lila (anche se per me la vera protagonista della tetralogia della Ferrante è e resta l'Italia, con la sua trasformazione durante quei decenni: Lila, Elena e tutti gli altri personaggi sono solo il tramite per raccontare situazioni, condizioni e accadimenti) e con il buon consiglio di non trascurare le Amicizie per l'amore di coppia.
Ho poi trovato curioso come la Pierri abbia notato l'uso frequente di "nerissimi" da parte della Ferrante, mentre a me sono rimasti impressi i suoi tanti "giallastro".
Altre considerazioni/supposizioni mi lasciano molto perplessa, ad esempio che Lila a Ischia non amasse Sarratore, ma Elena ("...che voglia Nino perché sotto sotto è lei che vuole") o l'ipotesi che a prendere Tina sia stato Nino.
Ma è proprio diverso il modo in cui mi arrivano le parole della Ferrante (non solo con "L'amica geniale"), quello che mi trasmettono, le considerazioni verso cui mi spingono, pensieri legati non ai singoli personaggi, ma agli aspetti sociali che racconta.
"Sono convinta che Lila abbia caratteri specificamente divini o esoterici ne L'amica geniale"
Ad esempio un pensiero di questo tipo non mi ha mai sfiorata. Superbamente aggiungo: e meno male!