Stoneridge
(Inghilterra), 21 maggio 2004. Olivia Adams ha sei anni e sta
giocando in giardino quando viene rapita senza lasciare traccia. I
genitori non riescono ad affrontare insieme il dramma, il matrimonio
in breve tempo si sfascia. Ad avere la peggio è il padre: era lui
con la bambina quel giorno e l’ha lasciata da sola in giardino per
godersi la partita dentro casa. I sensi di colpa e le accuse della
moglie lo portano alla deriva. La madre, invece, con il tempo riesce
ad andare avanti con un secondo matrimonio e un secondo figlio. Anche
con un nuovo lavoro, un bar che ha chiamato Via’s in ricordo della sua
bambina.
Ed
è lì che 13 anni dopo Olivia ritorna. Ha pochi ricordi del suo
rapimento, dice che sono stati gli zingari, che ha vissuto con loro
per tutto quel tempo, finché non è riuscita a scappare.
La
madre, il padre, l’amichetta del cuore di un tempo: tutti credono
alla sua versione. Tutti tranne il secondo marito della madre e il
fratello di questi…
Mi
scuso ufficialmente con Stefania, mia compagna di casata, per non
averle dato retta quando mesi fa mi aveva consigliato di eliminare
questo titolo dalla mia wish list: brutto, brutto, brutto!
L’autore
ha sfruttato l’abusato filone delle bambine rapite (sempre nei
giardini di casa, tra l’altro) che ricompaiono dopo tot anni e ha cercato di dare originalità alla storia spargendo un’acuta indole
criminale a piene mani. Il risultato sono una protagonista grottesca
come tutti gli altri personaggi. E la vicenda, che avrebbe anche una
sua linearità, cade nell’assurdo per l’assenza di scrupoli
comune a tutti.
Ma
ho avuto la netta impressione che non sia stata una scelta voluta
dell’autore, bensì un appiattimento causato dalla sua incapacità
nel descrivere i sentimenti: quando io ritrovo qualcosa che i miei
gatti hanno buttato sotto al letto manifesto un maggiore entusiasmo
di questa madre che ritrova la propria figlia data per morta! Non sto
esagerando: in nessun punto del libro vengono descritti gli stati
d’animo di queste persone. Allo stesso modo Wilkinson non riesce a
trasmettere nessuna trepidazione neppure nei momenti finali dove
quello che sta succedendo dovrebbe creare una grandissima suspense.
Eppure
una ricerca su web mi dice che si tratta di un autore prolifico e che
i suoi thriller sono diventati bestseller nel Regno Unito, negli USA,
in Canada e in Sud Africa… Per noi italiani questo è stato il
primo a essere tradotto, con uno stile veramente povero, brutto.
Ma
se in lingua originale ha così tanto successo, allora forse è al
traduttore (tal Fabrizio Coppola) che devo dare la colpa per frasi
atroci come: “Sospira, poi fa un lungo sospiro”…
O
forse all’editore: è un libro che mi fa venire voglia di bannare
dalla mia wish list tutti i libri della Newton Compton!
Il
guaio è che quest’anno hanno tradotto anche “Il matrimonio degli
inganni” e la trama mi ispira… potrei cercare di convincere
Stefania a leggerlo per prima, garantendole che stavolta seguirò il
suo consiglio ^^
Reading
Challenge 2019: collegamento con la traccia musicale di ottobre per
la parola "anni" nel titolo