Spaccavento,
frazione di Minturno (Latina), fine anni ‘90. E’ il 23 maggio
quando la 63enne Amelia affoga in mare: suicidio? Incidente? Altro?
E’ anche il giorno del 45mo compleanno di Delia, la figlia
maggiore, disegnatrice di fumetti a Roma. La donna torna a Napoli per
il funerale, decisa anche a capire cosa sia davvero successo alla
madre e ritrovando così le tre torve figure maschili della sua vita
passata: il padre, lo zio materno e quell’uomo oscuro che lei da
sempre conosce come Caserta…
Per
mitigare il vuoto lasciato dalla tetralogia dell’amica geniale ho
scelto un altro romanzo di Elena Ferrante e non so quanto sia stata
un’idea felice, ho avuto qualche difficoltà nella lettura di
questo libro, più volte sono dovuta tornare indietro perché avevo
perso senso e contesto.
E’
una storia angosciante dove l’amore è molesto all’interno di più
rapporti, fra marito e moglie, fra madre e figlia, fra padre e
figlia, fra zio e nipote, con l’aggiunta di quest’uomo
soprannominato Caserta e il figlio di lui: brutti personaggi.
Ed è una storia resa contorta da Delia,
che non distingue i ricordi reali da quelli immaginari, a volte
neppure se stessa dalla madre: decisamente troppo onirico per me!
Per
fortuna ho capito il finale che spiega le circostanze poche chiare
della morte di Amelia, almeno quello…
Nonostante
i vari punti di impasse, ho capito che lo stile narrativo di Elena
Ferrante mi piace anche quando non mi piace quello che racconta (e
nonostante l’abuso dell’aggettivo “giallastro”!).
A non piacermi, invece, è l'aver ritrovato anche qua lo spregio con cui l'autrice parla di Napoli, arrivando a definirla “città senza colori”!!
Senza
parole...
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Challenge 2019: collegamento a cascata con la traccia di ottobre. Lo
collego a "Storia della bambina perduta" perchè scritti
dalla stessa autrice