mercoledì 8 gennaio 2020

"Caro Evan Hansen", Val Emmich


Stati Uniti, giorni nostri. Il primo giorno dell’ultimo anno di liceo Evan si presenta a scuola in compagnia del gesso che gli avvolge il braccio che si è rotto durante l’estate cadendo dalla quercia su cui si era arrampicato per vedere il mondo dall’alto. Peccato che quel gesso sia la sola cosa che lo accompagni: Evan è un ragazzino desolatamente solo, invisibile agli occhi di chiunque, genitori compresi.
E quando una delle lettere motivazionali che si era scritto seguendo le istruzioni del suo psicologo viene scambiata per il saluto di addio di Connor, morto suicida, è per insicurezza e non per volontà che Evan non ha la forza di chiarire subito l’equivoco.
Una titubanza che darà vita a una serie di eventi più grandi di lui.

Come mi era già capitato con i tre Young Adult letti nel 2017, anche in questo caso l’ho apprezzato maggiormente a lettura ultimata perché è innegabile l’utilità che questi romanzi (per lo meno quelli che letti da me) possono avere “parlando” agli adolescenti.
Ma, avendo abbandonato quella fase dalla bellezza di sette lustri, il meccanismo narrativo che presenta esclusivamente il punto di vista dei ragazzi, relegando i personaggi adulti a semplici comparse, mi lascia un senso di incompletezza, soprattutto durante la lettura, prima di arrivare a comprendere il messaggio che vuol essere lanciato.

Ed essendo io adulta, anche se non genitrice, non posso fare a meno di concentrare la mia attenzione sulle mancanze dei “grandi”, sicuramente accentuate dalla visione adolescenziale della prosa (spero che ogni figlio sia amato dai propri genitori più di quanto un quindicenne sia disposto o capace di riconoscere), ma che non credo possano essere totalmente privi di responsabilità per l’assenza di dialogo e di apertura mentale (non solo da parte dei genitori, ma anche di insegnanti, allenatori, ecc) quando si arriva a parlare dell’incidenza dei suicidi fra ragazzi in età scolare.

E’ straziante il modo in cui nel libro viene descritta la solitudine patita sia da Evan che da Connor, le loro carenze affettive, le loro insicurezze e il senso di inutilità che provano.

"Mi è toccato morire perché si accorgessero che prima ero vivo

Un messaggio potente per gli adulti, anche per chi non ha figli, come me.

Reading Challenge 2020: traccia gold del mese di gennaio