domenica 26 gennaio 2020

"L'uomo di casa", Romano De Marco


Richmond (Virginia), settembre 1979. Gli agenti di pattuglia che rispondono alla chiamata di una signora che si lamenta per la puzza proveniente dalla villetta di fianco alla sua non sanno che stanno per imbattersi nel caso che passerà alla storia come quello della Lilith di Richmond, che rimarrà nella memoria di tutti per l’orrore e per la mancata cattura della responsabile.
Vienna (Virginia), giorni nostri. Gli agenti che suonano alla porta di Sandra Morrison sanno che stanno per distruggere la vita della donna: il corpo del marito, Alan Sanford, è stato ritrovato a bordo della sua auto abbandonata in una zona malfamata della città. Gola tagliata, pantaloni calati, effetti personali scomparsi: molto probabilmente una rapina finita male a opera di una prostituta. Sandra e Devon, la figlia quindicenne, oltre al lutto improvviso si trovano a fare i conti con la scoperta che quel marito e padre, all’apparenza perfetto, in realtà aveva un lato oscuro difficile da accettare.
E sei mesi dopo all’incredulità di Sandra per la seconda vita del marito si aggiunge un altro mistero: perché Alan stava indagando su quel caso di cronaca vecchio di trent’anni?

Libro vincitore del Premio del Pubblico del Noir Festival 2017 e candidato al Premio Giorgio Scerbanenco 2017 per il miglior romanzo noir italiano, classificazione di genere che un po’ mi spiazza perché fatico a inquadrarlo come noir: per me è un thriller al 100% ed è un bellissimo thriller.

A inizio lettura mi ha disturbato abbastanza che la vicenda fosse ambientata all’estero, come mi era successo l’anno scorso con “Benevolenza cosmica”, ma procedendo mi sono dovuta ricredere perché - mentre Bacà avrebbe potuto tranquillamente ambientare la sua storia in Italia - a De Marco servivano gli Stati Uniti, con i loro grandi spazi e tutta una serie di particolari che sviluppati lì rendono credibile la storia.

Una storia che viene raccontata su piani temporali diversi, di cui due quelli principali. L’autore l’ha costruita benissimo, dando molte informazioni al lettore, sembra quasi che ne dia troppe, cosa che normalmente uccide i thriller, ma la sua bravura è stata quella di riuscire a sganciare le diverse rivelazioni (che non sono colpi di scena veri e propri) in un crescendo continuo di suspense.

Gli imputo però un difetto, quello di avere una scrittura molto descrittiva e troppo particolareggiata: all’apparizione di ogni personaggio, anche quelli che compaiono in una singola scena, elenca schematicamente età, aspetto, abbigliamento, professione, hobby, eventuali malattie e stato civile. Se nella descrizione sono citati coniugi, figli e/o nipoti, elargisce inutili particolari anche su questi, come si chiamano, cosa fanno, dove vivono, ecc…
La stessa pedanteria coinvolge anche il territorio, racconta la storia di Washington e di Richmond in un modo che ricorda le guide dei pullman turistici che fanno il giro delle città, per poi cadere in una minuzia da agente immobiliare descrivendo singoli quartieri, strade ed edifici.

Di solito apprezzo molto i libri descrittivi, li trovo più coinvolgenti, ma De Marco ha esagerato. Ciononostante, libro e autore meriterebbero una fama superiore a quella di cui godono Carrisi e le sue opere, tanto per fare un nome.

Reading Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia normale di gennaio (solo per il titolo!) perchè mi auguro di avere maggiore aiuto in casa