Richmond
(Virginia), settembre 1979. Gli agenti di pattuglia che rispondono
alla chiamata di una signora che si lamenta per la puzza proveniente
dalla villetta di fianco alla sua non sanno che stanno per imbattersi nel caso
che passerà alla storia come quello della Lilith di Richmond, che rimarrà nella memoria di tutti per
l’orrore e per la mancata cattura della responsabile.
Vienna
(Virginia), giorni nostri. Gli agenti che suonano alla porta di
Sandra Morrison sanno che stanno per distruggere la vita della donna:
il corpo del marito, Alan Sanford, è stato ritrovato a bordo della
sua auto abbandonata in una zona malfamata della città. Gola
tagliata, pantaloni calati, effetti personali scomparsi: molto
probabilmente una rapina finita male a opera di una prostituta.
Sandra e Devon, la figlia quindicenne, oltre al lutto improvviso si
trovano a fare i conti con la scoperta che quel marito e padre,
all’apparenza perfetto, in realtà aveva un lato oscuro difficile
da accettare.
E
sei mesi dopo all’incredulità di Sandra per la seconda vita del
marito si aggiunge un altro mistero: perché Alan stava indagando su
quel caso di cronaca vecchio di trent’anni?
Libro
vincitore del Premio del Pubblico del Noir Festival 2017 e candidato
al Premio Giorgio Scerbanenco 2017 per il miglior romanzo noir
italiano, classificazione di genere che un po’ mi spiazza perché
fatico a inquadrarlo come noir: per me è un thriller al 100% ed è
un bellissimo thriller.
A
inizio lettura mi ha disturbato abbastanza che la vicenda fosse ambientata all’estero, come mi era successo l’anno scorso con
“Benevolenza cosmica”, ma procedendo mi sono
dovuta ricredere perché - mentre Bacà avrebbe potuto tranquillamente
ambientare la sua storia in Italia - a De Marco
servivano gli Stati Uniti, con i loro grandi spazi e tutta una serie
di particolari che sviluppati lì rendono credibile la storia.
Una
storia che viene raccontata su piani temporali diversi, di cui due
quelli principali. L’autore l’ha costruita benissimo, dando
molte informazioni al lettore, sembra quasi che ne dia troppe, cosa
che normalmente uccide i thriller, ma la sua bravura è stata quella
di riuscire a sganciare le diverse rivelazioni (che non sono colpi
di scena veri e propri) in un crescendo continuo di suspense.
Gli
imputo però un difetto, quello di avere una scrittura molto
descrittiva e troppo particolareggiata: all’apparizione di ogni
personaggio, anche quelli che compaiono in una singola scena, elenca
schematicamente età, aspetto, abbigliamento, professione, hobby,
eventuali malattie e stato civile. Se nella descrizione sono citati
coniugi, figli e/o nipoti, elargisce inutili particolari anche su
questi, come si chiamano, cosa fanno, dove vivono, ecc…
La
stessa pedanteria coinvolge anche il territorio, racconta la storia
di Washington e di Richmond in un modo che ricorda le guide dei
pullman turistici che fanno il giro delle città, per poi cadere
in una minuzia da agente immobiliare descrivendo singoli quartieri, strade ed edifici.
Di
solito apprezzo molto i libri descrittivi, li trovo più
coinvolgenti, ma De Marco ha esagerato. Ciononostante, libro
e autore meriterebbero una fama superiore a quella di cui godono
Carrisi e le sue opere, tanto per fare un nome.
Reading
Challenge 2020: questo testo risponde alla traccia normale di gennaio
(solo per il titolo!) perchè mi auguro di avere maggiore aiuto in
casa